venerdì 21 agosto 2015

Luigi Natoli nel romanzo: Il Paggio della Regina Bianca: Martino, duca di Montblanc e Martino il giovane.


Martino, duca di Montblanc, bieco, crudele, avido, era uno spirito politico acuto e scaltro, che pur di raggiungere uno scopo, non si arrestava dinanzi ad alcun mezzo, per tristo che fosse. Egli possedeva la scienza dello stato, che doveva più tardi trovare la sua perfetta espressione in un suo conterraneo, Cesare Borgia. Aveva da lungo veduto il trono di Sicilia quasi vuoto.
Non vi sedeva che una giovinetta, Maria, figlia di Federico III, regina di nome, ombra di un potere che era esercitato da quattro potenti baroni, i quali col titolo di vicari s’eran diviso il regno di Sicilia e vi governavano da signori indipendenti: il che aveva immerso l’isola nell’anarchia.
Ridare alla regina la sua autorità, sottomettere il baronaggio, reintegrare il governo poteva apparire come una salvazione. Bisognava però avere il diritto di intervenire. Guglielmo Raimondo Moncada, uno dei quattro Vicari, venuto in discordia coi colleghi, fingendo di liberare Maria dalla soggezione in cui la teneva Artale Alagona, rapì la regina e la diede al duca di Montblanc, che ne fece la moglie del suo giovanissimo figlio Martino: e allora padre e figlio vennero in Sicilia con un forte esercito, e più coi raggiri che col valore, a poco a poco sottomisero il regno; e col supplizio di Andrea Chiaramonte nel 1392 posero fine alla indipendenza del regno e all’anarchia baronale.
Martino il giovane fu riconosciuto re: ma era troppo giovane per reggere il regno; e Maria, sebbene assai più matura d’anni, era troppo semplice e troppo malata per guidarlo. Di fatto regnò il vecchio duca, finchè la morte del re d’Aragona non lo chiamò a succedergli.
Dinanzi agli occhi del re Martino il giovane si rinnovava la visione della tragedia chiaramontana.
Egli stava col padre a una finestra dello Steri; la piazza Marina era gremita di popolo che gli arcieri e i picchieri catalani a stento frenavano, perché non invadesse il palco sul quale il boia, appoggiato alla scure larga e luccicante aspettava le vittime.
Poi dalle prigioni del palazzo uscì il corteo. I confrati col cappuccio, le guardie, il carro; e nel carro, diritti, fieri, Andrea Chiaramonte e Antonio delle Favare suo segretario.
Il carro giunse ai piedi del palco. Andrea Chiaramonte, sebbene avesse le braccia legate dietro le reni, balzò svelto dal carro, senza bisogno d’aiuto, e montò la scala del palco, senza dar segno di commozione.
Guardò il suo palazzo: i suoi occhi si fissarono sulla finestra e cercaron gli occhi del duca e del re.
Martino sentiva ancora il lampo di quegli occhi, che esprimevano una minaccia lontana; e ne provava un turbamento indefinibile... - Il Paggio della regina Bianca di Luigi Natoli edito da I Buoni Cugini editori. (www.ibuonicuginieditori.it)

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