venerdì 26 giugno 2015

Luigi Natoli ne "Il Capitan Terrore": Geronimo Colloca, il Re della Bocceria.

Di nome era certo che il tavernaio lo conosceva. Ma non così di figura. Parrebbe incredibile come i diversi quartieri della stessa città fossero estranei, quasi appartenenti a città diverse e lontane; v’era gente del Cassaro che non era andata mai alla Loggia; e si possono ancora trovare nell’Archivio Comunale istanze del Pretore perché si impedisse  a quelli, mettiamo, dell’Albergheria di andare in contrada della Conceria. Per questa ragione Geronimo, le cui gesta erano limitate nel mercato e nei dintorni, era sicuro di non essere conosciuto di persona.
Il titolo di “signore” lo pretendeva, perché Re della Bocceria e perché era ben voluto a corte; era, diceva lui, amico del Vicerè.
 
Nella taverna di S. Domenico, sua abituale dimora e luogo, esercitava il suo ufficio di "re". Era per così dire la taverna regina degna di accogliere il re; non era affumicata quanto le altre, e oltre alla prima stanza, che serviva al pubblico ne aveva una seconda, dove Geronimo “riceveva”; imbiancata così per dire, non aveva che una tavola e tre o quattro seggiole sudice e sbilenche. Aveva una finestra e un usciolino, che davano in un vicoletto di quelli che s’intersecano intorno al largo che fu detto della Lumia; usciolino strategico in caso che venisse alla polizia il desiderio di farvi una capatina, cosa che non capitava mai.
Gli avventori che frequentavano la taverna la mattina e la sera, appartenevano alla categoria dei sudditi del Re della Bocceria; il tavernaio era della stessa combriccola, e viveva di un tanto per cento sulle oneste entrate di quegli onestissimi avventori.
Quando Geronimo era entrato, due di quelli avevano appunto messo mano ai coltelli e si studiavano, mentre quattro altri si erano disposti in giro per assistere al duello. Ma all’ingresso di Geronimo i due abbassarono le armi. Geronimo li guardò un minuto, e disse:
- Ebbene, perché non continuate?...
La sua voce era tagliente come un rasoio, e quei due sorrisero a denti stretti, divenendo un po’ pallidi; poi il Giolluso disse per scusarsi:
- Scherzavamo, signor Geronimo, scherzavamo! È vero, Facciatripposa?
- Che possa esser privo della vista degli occhi!
- Sì, eh? Allora prendetevi questa; – e appioppò due paia di calci a ciascuno, aggiungendo: – Un’altra volta non vi permettete più di scherzare a quel modo.
- Le dico io la verità... – stava per dire Nunzio lo Sbirro, ma Geronimo gli diede sulla voce.
- Zitto! mi ha raccontato tutto Facciatripposa.
- Che vuole che le dica? Fu per sei grani…
(Un grano era sei denari ed equivaleva circa tre centesimi).
- … che il Gialluso aveva riscosso in più giocando a dadi.
- E per sei grani tu, Facciatripposa, mettevi a repentaglio la tua vita e quella del Gialluso? O miseria! E non c’ero io per risolvere la quistione? Datemi i sei grani. Ne do tre per uno, e fate la pace.
Cominciò poi ad ascoltare le imprese che, avevano compiuto i presenti, e a mano a mano ne giungevano altri che confessavano, come le cose più naturali, i delitti commessi nella notte. Erano confidenze di furti, di ferimenti, di rapine; vi appariva qualche omicidio; due avevano scalato il monastero di S. Vito per rapire una suora, ma era andata male, perché le suore s’erano destate, e avevano scacciato quei due, munendosi di molle, di spiedi, di manichi d’ombrelli e di baldacchini.
Dopo la confessione, deponevano nelle mani di Geronimo quello che avevano ricavato dall’impresa compiuta, e Geronimo ne riteneva una parte per sé, e il resto lo dava all’autore del misfatto. Poi domandò ai due fuggiti dinnanzi alle monache:
- Per chi vi eravate impegnati?
- Pel conte di Luna.
- E vi ha dato?
- Tre scudi; e se gli portavamo la suora, ci aveva promesso altri tre scudi.
- Siete stati due gaglioffi a contentarvi di così poco...
Luigi Natoli
 
Il Capitan Terrore edito da I Buoni Cugini Editori - Unica edizione originale, integralmente tratta dal Giornale  di Sicilia del 1938. - Pubblicazione Agosto 2014.
 
 
 
 
 

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