lunedì 6 luglio 2015

Luigi Natoli nel romanzo "Alla guerra!" : il professore Benoist.

Al quarto piano il professore Benoist, già allievo della Scuola Normale, ora insegnante di storia nel Liceo Carlomagno, una specie di misantropo: giovane ancora, non brutto, anzi a guardarlo bene d’un viso regolare e benfatto; ma barbuto, arruffato, con gli occhiali azzurrognoli e le tasche piene di libri...
 
- La guerra è una cosa scellerata; è il più grande delitto che i popoli possano commettere; è un ritorno alla barbarie, alla violenza. Tutto il cammino lento e glorioso della civiltà, per sostituire alla forza violenta e sanguigna delle armi, il diritto, la legge, si arresta a un tratto: l’uomo ridiventa l’animale primitivo… Ahimè! il torto è anche della scuola, dico scuola nel senso più largo, come educazione degli spiriti; letteratura, arte, tradizioni, costumi, monumenti, nomi di strade, i libri sui quali impariamo perfino i primi elementi del leggere, tutto glorifica la guerra, esalta l’eroismo guerresco, perpetua quella ammirazione per la bravura, che in fondo è, dirò così, una qualità inferiore dello spirito; è una virtù comune con le bestie feroci, che anzi sono più forti e più coraggiose dell’uomo… Non è vero? Fra il genio che distrugge centinaia di uomini, e quello che li salva, il primo eccita più la fantasia e il sentimento; ma perché non abbiamo ancora saputo e voluto guardare in faccia la realtà; e perché si copre di scherno e d’ignominia il sogno nostro: non più guerra!... non più armi! tutti fratelli!... Tutti un popolo, un gran popolo!... Ecco perché gridai a M.r Guy quelle parole!...
Parlando, il suo volto si colorava, i suoi occhi illuminati dall’idea, avevano un’eloquenza più suggestiva delle parole; il suo aspetto si trasformava, come quello di un ispirato; si abbelliva di una espressione, di un carattere.
 
Benoist guardava. Quanta miseria!... e quanta abbiezione!... Era un altro quadro che la guerra gli offriva; un quadro assai diverso dal quello che Montmartre già quartiere della gaia scienza del piacere, gli aveva rivelato; era la fine del lavoro pacifico e produttivo, donde scaturiva il largo fiume della ricchezza della Francia; un cataclisma tellurico, sommergeva quella sorgente e arrestava a un tratto il corso di quel fiume. Tutta quella gente lacera, solcata dai disagi e dalla fame, avvilita dalla paura e dall’incertezza del domani, spinta verso l’ignoto che riceveva un pezzo di pane per carità; era per quella che aveva fino a ieri prodotto la ricchezza!... Le locomotive fischiavano; pareva dicessero: “Ora vi porteremo via!” Dove? In Italia? In Svizzera? più lontano ancora? dove?
Luigi Natoli.
 
 
 

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