mercoledì 18 novembre 2015

Luigi Natoli nel romanzo Gli ultimi saraceni: Abu-al-garaniq.


Era un bel vecchio, alto, magro, con una lunga barba bianca sul petto, i capelli rasi, sotto il turbante; ve­stito di un caftau turchino, stretto ai fian­chi da una sciarpa color chiaro di luna. I suoi occhi rotondi, dentro le larghe e pro­fonde occhiaie, avevano un lucciare come di febbre; e quando si fissavano sopra al­cuno, mettevano una specie di rimescolio nel sangue, uno strano e indefinito sgomento. Il suo nome, era veramente Giafar; ma lo intendevano con quel soprannome Abu-al­-garaniq, che era già un indizio della scien­za che egli professava, e per cui era cono­sciuto: Abu-al-garaniq  infatti significa Quello delle gru. Giafar era esperto di scienze occulte; era astrologo, alchimista, e pre­vedeva il futuro, leggendolo negli astri, nel volo e nel canto degli uccelli nei casi della vita stessa. Una volta, cosa non consueta nel cielo di Palermo passò uno stuolo immenso di gru, a triangolo, gridando, con uno strido­re di carrucole arrugginite. Giafar salito sul terrazzo, interrogato il volo, il nume­ro, la direzione dello stuolo, e non si sa quali altri indizi, previde che in quel gior­no il glorioso e potente sopra i re, Rugge­ro principe di Sicilia, sempre laudato, conquistava alla sua corona Tripoli e il ter­ritorio fino a Cirene. Poichè le notizie giunte dopo, conferma­rono il pronostico, Giafar fu soprannomi­nato Quello delle gru, che in linguaggio a­rabo suona Abu-al-garaniq.
Giafar era un buon musulmano, pio, de­voto, osservatore scrupoloso dei precetti del Corano. Per quanti torti avesse Abd-Allah agli occhi suoi, era pur un credente in Al­lah, ed egli aveva l'obbligo di soccorrerlo.
 
Luigi Natoli, uno scrittore sempre attuale.

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