mercoledì 18 novembre 2015

Luigi Natoli nel romanzo "Gli ultimi saraceni": alcuni concetti sul Corano e sulla religione islamica espressi dallo scrittore nel 1911


La limosina è uno dei più sacri doveri imposti da Maometto ai fedeli dell’islam; il povero è considerato con fervida carità.

Dio è padre comune, e la ca­rità si fa a tutti, anche agl'infedeli. Così vuole il Profeta!...

Che bisogno c'è di sapere il nome delle persone che beneficano? Serba memoria del benefizio. Esso ti viene dai veri credenti.

Dio è uno; il dio di Gesù figlio di Maria suo profeta, non è altro dio di quello di Maometto ultimo e maggiore dei profeti.

Akab Allah era il grido di guerra dei sa­raceni; esso significava la guerra, la strage, il tradimento.

V'era un ospizio nel quale la carità prevaleva sull'interesse; e la carità ospitale era forse più umanamente e rigi­damente osservata dai seguaci dell'islam, che da quelli del Vangelo.

Per gli islamiti la donna non era che un essere inferiore votato al piacere dell'uomo, e null'altro. Essa non aveva l'anima dell'uomo. Era una cosa.

Per quanto senza autorità, senza potere, avvilita, la società musulmana formava sempre una unione, una specie di stato, che conservava una certa compattezza. L’apparente disunione, la diversità degli interessi, non avevano distrutto quello che è il fondamento dell’unità del mondo musulmano, l’unità religiosa, cioè, per la quale berberi, arabi, siriani, persiani, egizi, negri non ostante le differenze di razze si sentivano veramente affratellati e concordi.
 
Luigi Natoli, uno scrittore sempre attuale.

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