Spesso una leggenda sognata o ripullulata nel cervello di un isterico, si tramutava in una miracolosa realtà; come avvenne per quella di S. Oliva. Un’antica leggenda diceva che trovato in Palermo il corpo della vergine, il sangue sarebbe corso a fiumane: “pi santa oliva lu sangu a lavina.” Come fu e come non fu, nel Seicento si sparse la notizia che il corpo della santa si trovava sepolto nella via dove si trovava la chiesa di S. Michele Arcangelo, e precisamente innanzi alla chiesa stessa. E allora si rovesciò l’armata di picconi e di vanghe, e zappa e scava per lungo, per largo, in basso e non trovò che acqua. Ragione per cui il 15 ottobre del 1606 il cardinale Doria minacciò la scomunica a chi, sapendolo, occultasse o nascondesse dove era il corpo di S. Oliva.
Che dire dei miracoli? Quanti ne fece S. Francesco Borgia in un attimo, non li hanno fatti cento nel corso della loro vita.
Ma uno spettacolo più stupendo ci tramanda Vincenzo Auria, che lo vide con gli occhi suoi. Nell’inondazione del 1668, tra l’infuriare della piena che trascinava tutto quanto trovava rovinando, vide una statuetta di S. Rosalia alta un palmo procedere dritta senza deviare o traballare o ondeggiare; segno evidente – dice l’Auria – che la vergine romita proteggeva la città!
Il 22 gennaro del 1689 vi fu una tempesta di tuoni che mai s’era sentita simile; e dopo acque da non si credere, tanto da allagare le vie e far ricordare le inondazioni del 1557 e del 1667. E dice l’Auria che (e seguo le sue parole) “assalita all’improvviso la Città della giusta ira di Dio, si diè mano al suono delle Campane, implorando da Dio clemenza onde tutto il popolo... piangeva le sue colpe per mitigare lo sdegno di Dio, ed ottenere perdono.”
Altro miracolo. Nel processo per beatificare il padre Girolamo di Palermo, si narra che avendo il padre Firmatura baciata la mano di lui morto, si sentì stringere in modo affettuoso.
Contro il vento non c’era rimedio che il suono delle campane delle chiese: le campane erano benedette, e il vento era prodotto dai diavoli dell’aria, e come si sa ce n’erano dovunque: nei pozzi, in casa, nei boschi, ecc. E con le campane, sonando a distesa, si era sicuri che il vento cessasse. Il 15 luglio del 1609 il cardinale Doria ordinò il suono delle campane contro il vento, ed io ricordo che ragazzo vidi scongiurare il vento dalle monache di S. Chiara in Termini Imerese, tanto la superstizione s’era abbarbicata.
E le locuste o cavallette? Nel 1607 esse infestarono le campagne di Palermo e il Senato dedicò un altare a S. Trifonio nella Cattedrale perché protettore contro le locuste: ma S. Trifonio fu impotente, e le locuste seguitarono a rosicchiare, finchè non si ricorse agli esorcismi. Così ancora nel 1688, quando monsignor Bazzan, dopo aver invocato invano S. Rosalia, S. Agata, S. Oliva, S. Ninfa, eresse un altare fuori Porta Nuova e le scomunicò.
La scomunica si faceva in questo modo sia in questa occasione sia in altra: il prete delegato dall’Arcivescovo andava in cotta e stola nera, a cavallo d’una mula fuori Porta Nuova o altrove con quattro diaconi anch’essi a cavallo di mule, con torce di cera nera e lì pronunciava la formula della maledizione in latino. Le locuste non se ne davano per intese, manco a dirlo, forse perché non conoscevano il latino.
Vorrei parlare delle numerose superstizioni che vigevano allora se non fosse che ancora viggono, e non solo in Palermo, ma tra i popoli più inciviliti, come sarebbero il sale sparso, lo specchio che si rompe, l’olio che si spande; mi basta segnare due in uno in Palermo le candele di una forma speciale che si accendevano al “Santo Padre” per aiutare la donna sul parto e le fave benedette da lui che servivano allo stesso scopo. Il “Santo Padre” era da noi S. Francesco di Paola.
E le fattucchiere? Ci saranno sempre ora come allora, e invano gli arcivescovi come il Doria fulminavano bandi per estirparle, non già perché erano un errore e un orrore, ma perché erano suggerite dal demonio, e inducevano le anime a perdersi. Esse si involavano, sia per fare ritornare l’amore in chi era diventato avverso coi filtri o con gusci d’ova bucherati da spilli, sia con scongiuri; e rivaleggiavano coi medici. Nel 1613 al 30 di Marzo il cardinal Doria fece frustare sette donne e un uomo con le mitre in capo come “magari” ossia fattucchiere.
Questa la racconta il padre Aquilera, nella sua Storia dei Padri di Gesù ed è la storia di Zambrì. Chi era Zambrì? Uno spirito familiare che non faceva nulla di male, ma che governava due fanciulli amorosamente. Potevano lasciarlo stare, ma il padre gesuita se lo ebbe a male perché era uno spirito diabolico, e lo esorcizzò. Zambrì sparve. E meno male che si trattava di uno spirito o di persona così e così. Ma ci fu un personaggio altolocato che credette agli spiriti. Di fronte a certi fenomeni creduti strani, avvenuti in una certa casa, nel 1586 il marchese di Geraci, allora Presidente del Regno, proibì con un bando di andare ad abitare in quella casa, perché c’erano le “donzelle” che erano anch’esse spiriti diabolici!
Ma eleviamoci ancora un poco: si tratta della chiesa e della consagrazione dell’Altare Maggiore della Cattedrale. In quell’occasione l’arcivescovo Aedo, nel 1604 “nella busciola se li posero l’infrascritte reliquie, cioè del legno della Santa Croce, delli capelli della Madre di Dio, dell’ossa di Santa Lucia Martire, di San Senatore, di San Viaturi (?) di San Cassaturi (?), di San Nicasio, di San Pelice, di Sant’Agata e di Santa Cristina patroni.”
Questa la racconta il padre Aquilera, nella sua Storia dei Padri di Gesù ed è la storia di Zambrì. Chi era Zambrì? Uno spirito familiare che non faceva nulla di male, ma che governava due fanciulli amorosamente. Potevano lasciarlo stare, ma il padre gesuita se lo ebbe a male perché era uno spirito diabolico, e lo esorcizzò. Zambrì sparve. E meno male che si trattava di uno spirito o di persona così e così. Ma ci fu un personaggio altolocato che credette agli spiriti. Di fronte a certi fenomeni creduti strani, avvenuti in una certa casa, nel 1586 il marchese di Geraci, allora Presidente del Regno, proibì con un bando di andare ad abitare in quella casa, perché c’erano le “donzelle” che erano anch’esse spiriti diabolici!
Ma eleviamoci ancora un poco: si tratta della chiesa e della consagrazione dell’Altare Maggiore della Cattedrale. In quell’occasione l’arcivescovo Aedo, nel 1604 “nella busciola se li posero l’infrascritte reliquie, cioè del legno della Santa Croce, delli capelli della Madre di Dio, dell’ossa di Santa Lucia Martire, di San Senatore, di San Viaturi (?) di San Cassaturi (?), di San Nicasio, di San Pelice, di Sant’Agata e di Santa Cristina patroni.”
Senza ridere.
Luigi Natoli: Palermo al tempo degli spagnoli 1500-1700.
L'opera, pubblicata per la prima ed unica volta ad opera de I Buoni Cugini Editori, è la fedele trascrizione del manoscritto dell'autore.
Pagine 292 - Prezzo di copertina € 20,00
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita a Palermo, consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su Amazon Prime e in tutti gli store online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423), Libreria Modusvivendi (Via Quintino Sella 79), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), La Nuova Bancarella (Via Cavour di fronte La Feltrinelli)
Nessun commento:
Posta un commento