venerdì 7 febbraio 2020

Luigi Natoli: La guerra alla fattoria de La Rounerie. Tratto da: Alla guerra!



Betty era rimasta in quell’atteggiamento fra le due bestie, che volgevan gli occhi placidi sotto il velo delle ciglia, e si sferzavano ogni tanto con le code; e così, con le braccia distese sui loro dorsi, grave e silenziosa nella confusa intuizione di un prossimo pericolo ancor ignoto, pareva volesse proteggere le sue mucche. I suoi occhi vedevan lontano una bianca nuvoletta vagante a fior di terra, che s’andava sempre più allargando, fra un crepitìo, come di castagne buttate sul fuoco. Era quella la guerra? Lo spettacolo non aveva ancora nulla di terribile; pareva un gioco. Non si persuadeva perché quell’ufficiale stesse immobile col binocolo sugli occhi; e perché i soldati non fiatassero. Sembravan tramutati in statue; coi fucili spianati contro un nemico invisibile e lontano. Un gran silenzio s’era diffuso intorno alla fattoria; i soldati non fiatavano, o forse bisbigliavan fra loro così a bassa voce, che non s’udivano. Neppur su nella casa, ora, s’udiva rumore; v’era in quella immobilità, in quel silenzio qualche cosa di terrificante, che a poco a poco prendeva l’animo di Betty in una morsa di ghiaccio. Anche Bruno, il cane, pareva compreso dalla tragicità di quel momento di aspettazione. Aveva finito di brontolare dietro i soldati; e ora, accoccolato sulle zampe di dietro fra papà La Marchienne e Guy, guardava anch’esso laggiù, con gli occhi fissi, aggrondati, le piccole orecchie diritte, le nari vibranti in un lieve e rapido annusare. 
Ora i tedeschi si vedevano più distintamente; si avanzavano in ordine, in due file, lungo i margini della strada, sparando. Più indietro si scorgevano delle grandi masse compatte, che procedevano dietro i tiratori; sulle quali balenavano al sole con un guizzo molteplice e tremolante, le lame delle baionette. Da Auvelais era cominciato il fuoco. 
A un tratto apparve nel cielo un punto nero, che sollevandosi e avvicinandosi, con le grandi ali distese, s’andò ingrandendo e designando la sua forma. Era un taube. Passò rombando sopra la fattoria, volò su Auvelais, poi girò in largo, ritornò, sparve; ma poco dopo un tuono cupo e violento rimbombò e dominò il crepitìo delle fucilate. L’artiglieria tedesca apriva il fuoco per sloggiare i francesi. 
Guy pallido, immobile sotto la tettoia, col trombettiere accanto, aspettava che la fanteria tedesca giungesse sotto la collina, per fulminarla di fianco. Se avesse avute due mitragliatrici, la sua posizione sarebbe stata veramente formidabile. Ma come domandarle? Ad Auvelais non ne avevan mica tante da dislocarne; le poche di cui il capitano poteva disporre, erano in posizione in punti strategici. Bisognava dunque confidare nei fucili. 
Portò alla bocca un fischietto e soffiò. Un fremito percorse la terra. Un altro fischio. Uno scoppio molteplice, furibondo, tempestoso, avvolse la fattoria, sopra, sotto, intorno; Betty balzò indietro, con un grido di terrore, papà La Marchienne impallidì e si tirò da parte; Bruno si rizzò su tutte e quattro le gambe, col muso levato, brontolando. 
Guy guardava. 
Giù nello stradale, i tedeschi colti alla sprovvista, si erano arrestati; molti erano caduti: alcuni erano rimasti immobili, con le braccia spalancate, altri si avvoltolavano nella polvere: erano a tre o quattrocento metri, e si vedevano distintamente. 
Il fuoco dei francesi continuava, con un fracasso infernale incalzando: la terra, il fabbricato, tremavano: una specie di febbre pareva rendesse le mani più sollecite: Guy uscì dalla tettoia spingendosi innanzi, allo scoperto, per osservar meglio. Betty pallida, inchiodata fra le sue mucche, con gli occhi spalancati, si sentiva attratta da una forza maggiore dello spavento, a guardare; ma quando vide l’ufficiale avanzarsi solo, non potè trattenere un grido di terrore. 
Laggiù i tedeschi, superato ben presto quel primo momento di confusione si riordinavano; altre masse sopravvenivano, a passo svelto, per sorreggere i primi; e cacciare via i francesi dalla fattoria. Ora mentre i primi, riprendevano la loro marcia, curvi, quasi strisciando per terra, fermandosi ogni tanto per sparare; una colonna mosse contro la fattoria, per distogliere il fuoco dei francesi e occupare la posizione. Cominciò un fuoco spaventevole; le palle sibilando stroncavano i rami; passavano tra gli alberi che tremavano con uno stormire pazzo di fronde; si cacciavano nel terriccio, sollevando la terra; poi tempestavano i muri della casa; strappandone i calcinacci, spezzando i vetri, schiacciandosi nei ferri, rimbalzando. 
Betty tratteneva il respiro, agghiacciata dal terrore, ma ostinata a guardare. Si era cacciata un po’ più dentro, seguendo con gli occhi l’ufficiale, che pareva non s’accorgesse dell’uragano in mezzo al quale s’aggirava. 
Guy seguiva con viva attenzione i movimenti del nemico, che tendeva a spiegarsi sul fianco del poggio, per avvolgerlo. Da quella parte egli aveva fatto costruire la barricata, dietro la quale erano appostati venti uomini. Bisognava rinforzarli. Ordinò a una dozzina di quelli piazzati sotto gli alberi un movimento d’appoggio verso la barricata. 
- Non vi alzate! – gridò; – strisciate per terra… non vi fate vedere…
- E voi? – gli domandò un fantaccino piccolo e rosso che aveva un viso di arguto e una parlantina sciolta da parigino. 
Si rizzò in piedi, per braverìa, ma quasi subito girò sopra sè stesso e cadde; non gemette che un nome: 
- Mamma mia!...
Era il primo, che pagava il suo tributo di sangue, raccogliendo le sue forze sopra un nome; il primo che si balbetta, quando le labbra si sciolgono alla parola, il solo che s’invoca, nei grandi dolori, l’ultimo che erra su la bocca, quando la morte la sigilla. Guy si chinò rapidamente sopra di lui, lo scosse, lo voltò. Aveva gli occhi verdastri aperti con una espressione di sgomento, e la bocca angosciosa piena di sangue e di terra; e non respirava più. 
Una grande pietà invase il cuore di Guy: alla sua mente apparve l’immagine dell’ulano da lui ucciso; anche quello era giovane, biondo, con gli occhi chiari. Si rialzò accigliato, stringendo le mascelle quasi per costringere la pietà a ricacciarsi nel profondo del petto, e raggiunse la barricata, dove le palle tedesche si abbattevano come la gragnola. 
- Saldi, ragazzi! – gridò per incoraggiarli. 
Ma non ce n’era bisogno. Non costretti più al silenzio, esaltati dalla febbre omicida e dall’istinto della conservazione, quei trenta fantaccini gridavano, motteggiavano, accompagnavano di ingiurie ogni colpo, come se le palle potessero, mandate al nemico inacerbirne le ferite. Un fantaccino s’era alzato in piedi, e protetto dall’aratro di ferro, buttato sopra alcune masserizie, tirava con una certa lentezza. 
- Uno a ogni colpo, signor tenente! – disse ridendo. 
Aveva la mira precisa, e non falliva; abbatteva un tedesco a ogni fucilata, con una freddezza, come se avesse tirato a fantocci di legno in una fiera. 
- Non sciupo le munizioni! – aggiunse mirando e sparando. 

Il combattimento si era allargato; tutti quei borghi, disseminati lungo le rive della Sambra, o fra gli avvallamenti dei poggi; tutte le officine coi loro camini spenti; e più in là ancora, verso Moustier diritta sull’altipiano, verso Tausines, dall’altra parte, in mezzo alle linee della strada ferrata; dovunque era un ondeggiar di nubi, un guizzare di incendi, fra il rombo cupo e implacabile dei cannoni, e lo strepito alto e basso delle fucilate. Di tanto in tanto s’udiva l’eco smarrita d’uno squillo di tromba: e di lontano dal fondo dell’orizzonte, apparivano sempre nuove masse, dapprima come linee fosche, che si movevan lentamente, poi più distinte; si dividevano, si diramavano, si allargavano, e a mano a mano che si avanzavano si ingrandivano. E non finivano mai.
Verso la fattoria però i tedeschi non avevano fatto un passo.
Costretti a combattere scoperti, ammassati in uno spazio piuttosto angusto, in basso, avevan dovuto arrestarsi dinanzi al fuoco sicuro, terribilmente micidiale dei francesi. Gli ufficiali li minacciavano, li percotevano coi calci delle rivoltelle, perché andassero avanti; ma la morte abbatteva anche loro; inesorabilmente, fulmineamente sopra i soldati.




Luigi Natoli: Alla guerra! Romanzo storico ambientato nella Parigi del 1914, all'inizio della Prima Guerra mondiale. Pubblicato unicamente a puntate in appendice al Giornale di Sicilia dal 19 ottobre 1914, è raccolto per la prima volta in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori nel 2014, a cento anni di distanza e in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale.
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