La notizia della conferenza si era già diffusa in un baleno per la città; e una folla immensa, tutto un popolo, “picciotti” delle squadre, volontari, donne, vecchi, signori e plebei si accalcava, si pigiava nella piazza del palazzo di città, su per la fontana, tra le macerie, nella via Maqueda fino e oltre i Quattro Canti. Un bollettino era stato redatto, stampato e divulgato, che aveva commosso e infiammato gli animi. Riferiva che le trattative, contenendo fra i patti una condizione “umiliante per la brava popolazione di Palermo” dal Generale rigettata, erano rotte, e il domani si sarebbero riprese le ostilità. Ma la folla voleva vedere il Generale; ed egli si affacciò dal balcone posto nell’angolo del palazzo, dalla parte di via Maqueda; accanto a lui era il maggiore Bosco andato come parlamentario del Lanza. Un alto e profondo silenzio si fece subito su quella immensa folla, ansiosa e fremente, sopra la quale squillò la bella voce del Generale, come tromba di guerra.- “Popolo di Palermo, il nemico mi ha fatto proposte ignominiose per te; ed io sapendoti pronto a farti seppellire sotto le rovine della tua città, le ho rifiutate!”.
Un urlo formidabile, tremendo, scoppiò da centomila bocche – “Guerra! guerra!... grazie, Generale!...” tutte le mani si tesero a lui; e parve in quel momento che Garibaldi e il popolo non avessero che un’anima sola.
V’erano in quella moltitudine uomini e donne quasi seminude, scampate all’incendio e alle bombe, che avevan loro distrutta la casa, uccisi i parenti; v’eran vecchi e fanciulli digiuni da tre giorni, senza casa, senza domani; e pure nessuno ebbe un attimo di debolezza; nessuno pensò che della città non sarebbe rimasta una pietra, che la guerra sarebbe stata d’esterminio; nessuno tremò: le rovine e i patimenti e le morti avevano tramutato tutta una popolazione in un esercito di eroi.
- “Guerra! guerra!”.
Il maggiore Bosco impallidì e si ritrasse.
La popolazione si preparò alla ripresa della lotta, che sarebbe riuscita micidiale alle truppe, per le formidabili barricate e per la trasformazione d’ogni casa; ma che avrebbe ridotta la città un cumulo di rovine. Fortunatamente il disastro fu scongiurato. Il generale Letizia e il colonnello Bonopane, venuti da Napoli, espressamente, il 31 proposero a Garibaldi, senza che il Lanza ne sapesse nulla, il prolungamento dell’armistizio. Si vociferò di tradimenti, si infamò questo o quell’onesto generale: e la verità, rimasta tanto tempo celata, è oggi palese per la pubblicazione della corrispondenza tra il re Francesco II e il generale Lanza. Il Letizia e il Bonopane avevano ricevuto l’incarico dal re; al cui animo ripugnava lo spargimento del sangue e l’orrore del bombardamento. Egli volle l’armistizio; persuaso per altro che la Sicilia oramai era perduta; e che la corona doveva salvarsi a Napoli.
O la fortuna assisteva davvero il genio di Garibaldi, l’audacia dei suoi compagni d’armi, la tenacia e il valore di tutto un popolo!
Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento.
Una raccolta di scritti storici e storiografici rigorosamente nella originalità dei documenti:
Storia di Sicilia dalla Preistoria al Fascismo (Ed. Ciuni anno 1935 - Per la parte di storia siciliana che va dal 1820 al 1860) La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione. (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910) Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille. (Estratto mensile "Rassegna storica del Risorgimento Anno XXV Fasc. II Febbraio 1938 - XVI) I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto da "La Sicilia nel Risorgimento italiano - anno 1931") Rivendicazioni. Attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927).
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
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