Nulla in quello stradale di circonvallazione era mutato: qua e là si aprivano i fossati, sul cui orlo correva la strada, ombreggiata ogni tanto da platani e da pioppi.
Attraverso le porte vedeva le lunghe strade, e le riconosceva: la strada di S. Zita (via Squarcialupo, ora), poi quella dietro il Coro dell’Olivella (oggi via Gagini), la via Maqueda, la via di Porta Carini.
Dinanzi alla Porta Carini si fermò alquanto, stendendo la vista oltre il crocicchio del Capo, più in giù dove essa scendeva verso S. Cosmo; e pareva che quella vista ridestasse nella sua memoria visioni e immagini fosche.
Poi riprese il cammino.
Dopo un’ora circa, giunse al Convento dei Cappuccini, piccolo, bianco, solitario, in mezzo a sentieri campestri, che si allargavano dinanzi la chiesa, in un piano circondato di alti e grossi alberi fronduti, fra’ quali, sopra uno zoccolo marmoreo, stendeva le braccia una croce di legno.
Entrò nel portico, pieno di tavolette votive, che rappresentavano miracoli operati dalla Vergine Assunta e da S. Francesco d’Assisi, e si pose a sedere un po’ sul muricciolo, aspettando qualche frate.
Ne passò uno, che veniva dalle sepolture sotterranee.
Fra Benedetto lo chiamò e lo pregò di domandare al padre guardiano un ricovero per lui, che veniva da un lungo viaggio.
Fu accolto e ospitato caritatevolmente; e all’ora del desinare ebbe la sua scodella di minestra, il suo pane, un pezzo di carne.
Passò la giornata nel Convento per riposarsi. Pregò coi frati, adempì ai doveri del culto come essi; e verso quattordici ore d’Italia, venne in città per un sua faccenda.
Egli si recò al palazzo reale, dove in alcune stanze erano in quel tempo allogati i tribunali.
Non vi riconobbe nessuno.
Uscieri, algozini, attuari, scrivani, tutta gente nuova.
Anche nella gente che aveva liti non ravvisava alcun volto noto.
Pensò con un sorriso amaro che eran passati cinquanta anni, tempo bastevole per spazzare la generazione fra la quale egli aveva trascorsa la sua giovinezza: e che egli forse era l’ultimo ramo non ancora scomparso.
Nondimeno aspettò un poco nell’anticamera, per vedere passare giudici e avvocati e procuratori, e interrogare i visi più vecchi, come per cercarvi un vestigio del passato.
Nessuno.
Si rincorò, ed entrò nelle stanze ove erano gli archivi criminali.
Al suo entrare, uno scrivano, che stava in piedi dinanzi a un grosso volume facendo delle annotazioni, si voltò, e visto quel frate, dall’aspetto venerando, posò la penna e gli domandò che cosa desiderasse.
- Ecco, – disse fra Benedetto, – ho ricevuto una confessione, che mi obbliga a fare qualche ricerca. Si tratta di un processo, che si svolse molti anni fa; voi, forse, eravate ancora un ragazzo... Rimonta al 1723...
- Caspita! sicuramente che ero un ragazzo!... Che processo?
- Contro un certo don Girolamo Ammirata...
- Ah! il processo dei Beati Paoli?...
Gli occhi del romito ebbero un lampo.
- Non so se sia il processo dei Beati Paoli... Io dico di quello intentato contro don Girolamo Ammirata...
- È tutt’uno. Don Girolamo era il capo di quella setta... Noi chiamiamo il suo processo con quel nome. È uno dei processi rimasti celebri... E la memoria ne è sempre viva, anche perché si dice che i Beati Paoli ci siano ancora...
- Lo credete? – domandò il romito con un visibile trasalir della persona.
- Io non credo niente, non so niente; dico quel che si dice; la verità vera è che nessuno sa dove siano questi Beati Paoli... Ma dunque vossignoria desidera vedere quel processo?
- Se non vi disturba. Vorrei darvi una lettura. Mi metterò in un angolo, senza darvi alcuna soggezione.
- Ma si figuri... Adesso la servirò. Segga lì, in quel tavolino; non verrà a disturbarla nessuno...
Lo scrivano, con la penna d’oca infilata sull’orecchio, trascinò una seggiola dinanzi un armadio spalancato, e montatovi su, cominciò a leggere sul dorso di alcuni grossi volumi legati in pergamena floscia.
- Ecco, – disse, togliendo il volume su cui era scritto l’anno 1723.
E posatolo sul tavolino, con una mano esperta lo spogliò sino a trovare il foglio.
- Ecco, – ripeté, ponendo il registro sotto gli occhi del romito, e indicando col dito, il titolo scritto in alto sopra il foglio.
Il frate non poté padroneggiare un gesto di commozione, nel guardare lo scritto.
Era in latino e diceva che quello era il processo contro don Girolamo Ammirata e complici occulti, rei dell’uccisione di don Antonino Bucolaro.
Il frate cominciò a leggere...
Luigi Natoli: Coriolano della Floresta. Romanzo storico siciliano seguito a I Beati Paoli.
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914
Pagine 1387 (due volumi) - Prezzo di copertina € 30,00
Copertine di Niccolò Pizzorno
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