giovedì 16 gennaio 2025

Luigi Natoli: Quella notte, rare figure di uomini avvolti nei mantelli entravano in una taverna nel vicolo dei Lampionelli... Tratto da: Coriolano della Floresta (Seguito a I Beati Paoli) Romanzo storico siciliano

Don Antonio continuò solo il viaggio fino a Palermo, dove giunse ai primi albori.
Dovette aspettare un po’ che i gabellieri aprissero i battenti della Porta di Termini. La città era ancora sepolta nel sonno. Appena, s’incontrava qualche lavorante dei forni, i soli che fossero aperti, e dai quali usciva l’odore del pane caldo.
Egli attraversò la piazza della Fieravecchia, discese verso S. Anna, svoltò per la strada di Lattarini, e smontò dinanzi a un «fondaco», dove lasciò la cavalcatura.
A piedi si recò nella strada della Parrocchia dei Tartari; già qualche bottega aveva dischiuso a mezzo la porta: si avvicinò a un portoncino, picchiò forte col calcio della pistola.
Una voce maschile domandò di dentro:
- Chi è?
- Nasca, aprite: ho bisogno di voi.
- Subito.
L’uomo che aveva risposto al nome «Nasca» venne ad aprire. Era un giovane sulla ventina; piccolo, tarchiato, svelto però e nervoso, col naso camuso.
Al vedere don Antonio si tolse il berretto.
- È vostra eccellenza?
- Io stesso... Debbo parlarvi...
- Vostra eccellenza mi comandi...
Don Antonio entrò. Si trattenne qualche minuto e poi uscì, accompagnato da Nasca, che sulla porta, nel congedarsi, disse:
- Vostra Eccellenza non dubiti... Stanotte.
«Nasca» era un soprannome, che significava in dialetto naso camuso: il vero nome era Giuseppe Pozzo; piccolo borghese, noto per la sua audacia e tenuto di conto per la sua riserbatezza.
Poco dopo la partenza di don Antonio, Nasca uscì di casa anche lui, e andò bighellonando per le strade, come uno che non abbia nulla da fare. Ma dietro l’uscio di questa o di quella casa, con un pezzetto di gesso, tracciava, così per ischerzo, delle X sul buco del saliscendi o della toppa.
Quella notte, quando, sonata già da un pezzo l’ora del coprifuoco, la città era deserta e immersa nelle ombre, rare figure d’uomini avvolti nei mantelli, alla spicciolata entravano in una taverna nel vicolo dei Lampionelli.
La porta dell’osteria era chiusa, né vi trapelava alcun filo di luce: ma appena uno di quegli uomini si avvicinava, e raschiava con l’unghia sul legno, la porta si apriva misteriosamente, e l’uomo spariva sulle tenebre.
La ronda più scaltrita non avrebbe trovato nessun segno sospetto: né, origliando, avrebbe udito il più lieve rumore.
Don Antonio di Casalgiordano non aveva un palazzo a Palermo: tutte le volte che vi capitava, andava ad alloggiare nel palazzo Montalbano, in casa del signor don Blasco Albamonte duca della Motta; un uomo maturo d’anni, che menava una vita pressoché ritirata, con la moglie, donna Violante e con la figlia Gabriella, che era in quei giorni fidanzata con Ottavio Oxorio.
Don Antonio non aveva bisogno di annunciare il suo arrivo: la sua stanza era sempre pronta al secondo piano. Salendo le scale egli avvertiva uno dei valletti, che correva ad aprire la porta e la finestra, e si metteva a disposizione dell’ospite.
Questi erano gli ordini del duca.
L’amicizia fra don Blasco e don Antonio durava da parecchi anni, al dire dei servi. Don Antonio era capitato un giorno, aveva domandato ospitalità, e gli era stata accordata cordialmente.
Poi era sparito: ma di quando in quando appariva.
Appena lasciato Nasca, egli era andato al fondaco a rilevare il cavallo, e se ne era andato nel suo alloggio: dove passò la giornata.
Non curò di domandare o di vedere don Blasco, né andò a desinare con lui: ma ciò non stupiva la servitù, avvezza alle maniere di don Antonio; come non stupiva don Blasco.
Verso mezzanotte egli scese giù, aprì lo sportello del portone, e si piantò lì dinanzi come aspettando.
Poco dopo, tra le tenebre della strada, vide venire un’ombra.
- Nasca! – disse.
- Son io, – rispose quell’ombra.
- Ebbene?
- Vostra eccellenza può partire...
Passarono tre giorni, durante i quali era stata veduta qualche persona estranea a quei luoghi aggirarsi fra le Torri, San Michele di Campogrosso e le campagne intorno.
In capo a quei tre giorni don Antonio ricevette un foglio, che diceva semplicemente:
«Cefalà»
Un lampo di collera balenò nei suoi occhi. Diede ordine che gli sellassero il suo miglior cavallo, e che quattro servi, e li designò egli stesso, lo seguissero.
E si mise in cammino...



Luigi Natoli: Coriolano della Floresta (seguito a I Beati Paoli). Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del Settecento. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914.
Pagine 1387 (due volumi). Prezzo di copertina € 30,00
Copertine di Niccolò Pizzorno.
Immagine del post generata con I.A.
Il volume è disponibile:
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia. Consegna gratuita a Palermo)
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=coriolano
Disponibile Amazon Prime, Feltinelli/Ibs e tutti gli store online. In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Via dei Leoni 71)

Luigi Natoli: La villa del Ricevitore, alle falde del Monte Grifone. Tratto da: Coriolano della Floresta (Seguito a I Beati Paoli). Romanzo storico siciliano

La Villa del Ricevitore, così detta perché rifatta e abbellita di piante e di fiori, di viali e boschetti, secondo il gusto dei tempi, dal bailo e ricevitore dell’Ordine di Malta don Carlo Reggio di Campofiorito, sorgeva in un vasto podere, che si stendeva fin quasi alle falde del Monte Grifone, in vicinanza del pittoresco convento di S. Maria di Gesù.
Vi si entrava da un cancello, che s’apriva in un alto muro di cinta, fra due pilastri sormontati da vasi rococò di tufo.
Il cancello metteva in un viale assiepato di bosso e di aranci amari; in fondo al quale sorgeva la palazzina, in forma d’un piccolo castello, con la sua torre quadrata e merlata. E forse anticamente era una di quelle torri sparse nella Conca d’Oro, e delle quali ancora sopravvanzano i ruderi.
Aveva un pianterreno e un piano superiore. La scala di pietra era esterna. Non aveva atrio o corte interna: una spianata dinanzi al castello, non vasta, di forma semicircolare, limitata da una spalliera di bosso, e in mezzo alla quale era il pozzo, faceva le veci della corte.
Ai lati del viale d’accesso, intorno, dietro la palazzina, per breve tratto, si stendeva il giardino, con viali ombrosi, che giungevano fino al muro di cinta, con siepi di bosso e di roseti, e con arbusti dai rami tagliati secondo il gusto dei tempi.
Il muro di cinta correva per un tratto sul sentiero, volgeva poi seguendo la linea di confine, e chiudendo il podere tutto quanto.
La palazzina o, come la chiamavano, la Torre, era in quei giorni abitata.
V’era a villeggiare il marchese della Crociera, ricco gentiluomo, di famiglia originaria di Spagna, il quale aveva occupato cariche sotto Carlo III; era stato a Vienna con l’ambasciatore del re di Sicilia, allorché s’era trattato il matrimonio dell’infante Ferdinando con l’arciduchessa Maria Carolina; e dal marchese Tanucci, primo ministro durante la reggenza e i primi anni del regno di Ferdinando, era stato incaricato di difficili missioni diplomatiche.
Ritornato da pochi mesi in Palermo, dove per altro lo chiamavano i suoi interessi, le istanze della moglie, e una strana malattia della figlia, da quindici giorni, per consiglio dei medici, aveva condotto la famiglia nella Villa del Ricevitore.
Don Ottavio Oxorio y Roxas era un uomo di forse sessant’anni, magro, asciutto, bruno di carnagione, d’aspetto arcigno e chiuso; autoritario e orgoglioso della sua nobiltà e dei suoi meriti.
Aveva trovato nella moglie uno spirito adatto: l’anima gemella che sentisse come l’orgoglio del proprio casato. Donna Gabriella Albamonte, unica figlia di don Blasco duca della Motta e di donna Violante, era una dama ancor di bell’aspetto, non ostante si avvicinasse ai cinquant’anni; ma superba fin quasi al fanatismo di sé.
Prima nata dal matrimonio di Blasco da Castiglione, bastardo di don Emanuele Albamonte, con donna Violante, figlia di don Raimondo della Motta, non aveva avuto altre sorelle per contenderle l’amore paterno; aveva avuto due fratelli, dei quali il cadetto era stato posto nel monastero dei Benedettini di San Martino delle Scale; il maggiore, futuro erede dei beni e dei titoli non aveva potuto o saputo prendere il primo luogo nel cuore del padre. Emanuele era il prediletto di donna Violante; Gabriella, la prediletta di Blasco.
Forse a questa predilezione non era estranea la memoria di quell’altra donna Gabriella, innamorata e sventurata, che aveva avuto una parte viva e indimenticabile, nella vita di Blasco.
La fanciulla, educata in monastero nella sua puerizia, era stata ripresa in casa, appena compiuti i sedici anni: e ne era diventata la padrona di fatto.
Orgogliosa, superba, dispotica, aveva ben presto fatto pesare la sua volontà.
La debolezza dei genitori lasciò sviluppare quei sentimenti, che al loro affetto si presentavano con una colorazione diversa dalla realtà.
A diciotto anni sposò don Ottavio Oxorio: da questo matrimonio nacquero quattro figli, tre maschi e una femina.
Il primogenito don Filippo, che all’epoca di questa storia aveva circa ventinove anni, e portava il titolo di conte di Pietramola, si era accasato, e stava in Spagna, presso la corte del re Carlo III; il secondogenito don Blasco, era capitano di uno squadrone di cavalleria nell’esercito di sua Maestà Cesarea; il terzo, don Ignazio, era benedettino nello stesso monastero dello zio materno.
In casa non v’era che la figlia, donna Giovanna, fanciulla di sedici anni, nata nove anni dopo don Ignazio.
Giovanna era l’antitesi dei suoi genitori, per una di quelle reazioni naturali che fanno assai spesso i figli dissimili dai genitori, specialmente dal lato morale.
Cresciuta in un ambiente nel quale il sentimento aristocratico giungeva al fanatismo; ella invece aveva uno spirito di affettuosa benevolenza e di fraternità verso gli umili; e portava nella casa un sorriso di bontà che mitigava l’asprezza altezzosa dei genitori.
V’era forse in lei qualcosa dell’avola, una goccia di sangue di Cristina Giorlanda, la dolce e mite creatura plebea, che avea partorito Blasco...



Luigi Natoli: Coriolano della Floresta (seguito a I Beati Paoli). Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del Settecento. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914.
Pagine 1387 (due volumi). Prezzo di copertina € 30,00
Copertine di Niccolò Pizzorno.
Immagine del post generata con I.A.
Il volume è disponibile:
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia. Consegna gratuita a Palermo)
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=coriolano
Disponibile Amazon Prime, Feltinelli/Ibs e tutti gli store online. In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Via dei Leoni 71)