lunedì 28 febbraio 2022

Luigi Natoli: Miracoli, superstizioni, pregiudizi... Tratto da: Palermo al tempo degli Spagnoli 1500 - 1700

Credere ai miracoli nelle invocazioni era una cosa stabilita, e l’intervento di un santo o beato era cosa giurata e divulgata e trasmessa nel tempo, specialmente in caso di malattia o di un disastro. Così si attribuiva all’intervento della patrona S. Cristina e poi di S. Rosalia la cessazione del morbo pestilenziale del 1557 e del 1575 e del 1624, e non già alle prescrizioni mediche e igieniche. Quando si scoperse il corpo di S. Rosalia, si disse che la peste fu di un subito cessata perché la Santuzza mostrasse il suo patrocinio: la peste durò ancora un anno e cessò quando aveva fatto il suo ciclo. 
Spesso una leggenda sognata o ripullulata nel cervello di un isterico, si tramutava in una miracolosa realtà; come avvenne per quella di S. Oliva. Un’antica leggenda diceva che trovato in Palermo il corpo della vergine, il sangue sarebbe corso a fiumane: “pi santa oliva lu sangu a lavina.” Come fu e come non fu, nel Seicento si sparse la notizia che il corpo della santa si trovava sepolto nella via dove si trovava la chiesa di S. Michele Arcangelo, e precisamente innanzi alla chiesa stessa. E allora si rovesciò l’armata di picconi e di vanghe, e zappa e scava per lungo, per largo, in basso e non trovò che acqua. Ragione per cui il 15 ottobre del 1606 il cardinale Doria minacciò la scomunica a chi, sapendolo, occultasse o nascondesse dove era il corpo di S. Oliva. 
Che dire dei miracoli? Quanti ne fece S. Francesco Borgia in un attimo, non li hanno fatti cento nel corso della loro vita. 
Contro il vento non c’era rimedio che il suono delle campane delle chiese: le campane erano benedette, e il vento era prodotto dai diavoli dell’aria, e come si sa ce n’erano dovunque: nei pozzi, in casa, nei boschi, ecc. E con le campane, sonando a distesa, si era sicuri che il vento cessasse.  Il 15 luglio del 1609 il cardinale Doria ordinò il suono delle campane contro il vento, ed io ricordo che ragazzo vidi scongiurare il vento dalle monache di S. Chiara in Termini Imerese, tanto la superstizione s’era abbarbicata. 
E le locuste o cavallette? Nel 1607 esse infestarono le campagne di Palermo e il Senato dedicò un altare a S. Trifonio nella Cattedrale perché protettore contro le locuste: ma S. Trifonio fu impotente, e le locuste seguitarono a rosicchiare, finchè non si ricorse agli esorcismi. Così ancora nel 1688, quando monsignor Bazzan, dopo aver invocato invano S. Rosalia, S. Agata, S. Oliva, S. Ninfa, eresse un altare fuori Porta Nuova e le scomunicò. 
La scomunica si faceva in questo modo sia in questa occasione sia in altra: il prete delegato dall’Arcivescovo andava in cotta e stola nera, a cavallo d’una mula fuori Porta Nuova o altrove con quattro diaconi anch’essi a cavallo di mule, con torce di cera nera e lì pronunciava la formula della maledizione in latino. Le locuste non se ne davano per intese, manco a dirlo, forse perché non conoscevano il latino. 
Vorrei parlare delle numerose superstizioni che vigevano allora se non fosse che ancora viggono, e non solo in Palermo, ma tra i popoli più inciviliti, come sarebbero il sale sparso, lo specchio che si rompe, l’olio che si spande; mi basta segnare due in uno in Palermo le candele di una forma speciale che si accendevano al “Santo Padre” per aiutare la donna sul parto e le fave benedette da lui che servivano allo stesso scopo. Il “Santo Padre” era da noi S. Francesco di Paola.
E le fattucchiere? Ci saranno sempre ora come allora, e invano gli arcivescovi come il Doria fulminavano bandi per estirparle, non già perché erano un errore e un orrore, ma perché erano suggerite dal demonio, e inducevano le anime a perdersi. Esse si involavano, sia per fare ritornare l’amore in chi era diventato avverso coi filtri o con gusci d’ova bucherati da spilli, sia con scongiuri; e rivaleggiavano coi medici. Nel 1613 al 30 dì Marzo il cardinal Doria fece frustare sette donne e un uomo con le mitre in capo come “magari” ossia fattucchiere...



Luigi Natoli: Palermo al tempo degli Spagnoli 1500-1700.
Opera inedita, costruita e fedelmente copiata dal manoscritto dell’autore privo di data. È lo studio critico e documentato di due secoli di storia della città di Palermo mirabilmente analizzata da Luigi Natoli con una visione del tutto contemporanea senza trascurar nulla, compresi i particolari, anche i più frivoli.
Argomenti trattati:
La città – Il governo – L’amministrazione – Il popolo – Il Sant’Offizio – Il clero e le confraternite – La giurisdizione e l’arbitrio – Le maestranze – Le rivolte – Le armi e gli armati – Le scuole e i maestri – La stampa – Gli usi e costumi delle famiglie – La vita fastosa – La pietà cittadina – Teatri e feste – I divertimenti cavallereschi e le giostre spettacolose – Banditi, stradari e duelli.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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