mercoledì 18 giugno 2025

Luigi Natoli: l'inizio di Squarcialupo, romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1500

Buio profondo nella strada. E non un’anima viva: solo due cani che si udivano ringhiare invisibili, sotto la pioggia minuta e uguale che cadeva silenziosamente dalle prime ore della sera. Una porta si schiuse lentamente, lasciando travedere una luce rossiccia, e una testa si sporse fuori: guardò a destra, guardò a sinistra, poi in alto, dove l’alta torre di un vecchio palazzo si perdeva nelle tenebre: infine rientrò e richiuse.
Dentro v’erano cinque uomini, seduti intorno a una tavola, illuminata dalla luce rossastra oscillante di una lucerna di terracotta. Un boccale stava fra loro. Un’altra tavola, tra panche e scranne si trovava alla parete opposta, in quella stanza, non troppo grande, fuliginosa, che sapeva di vino e di unto. In fondo si vedevano incerti nella penombra, un banco con altri boccali, e dietro il banco due botti. Era una taverna.
A quell’ora, essendo già suonata da un pezzo l’ora del coprifuoco, nessuno avrebbe dovuto trovarcisi: ma quei cinque avventori avevano qualche cosa di singolare che aveva obbligato il tavernaio a lasciarli stare nella taverna, contentandosi di chiudere la porta.
Quei cinque uomini erano armati di spada e pugnali; ma più delle armi che tutti per altro portavano, incuteva soggezione l’aspetto. Erano bravacci, avanzi forse di quelle soldatesche spagnole che pochi anni innanzi, ritornati dall’Africa, avevano suscitato in Palermo una sommossa con tante uccisioni che la fecero dire un piccolo Vespro.
Avevano certamente qualche ragione per trattenersi in quella taverna oltre l’ora consentita dai bandi: e il tavernaio non aveva osato mandarli via, oltre che per non subire prepotenze, anche perché di convegni simili questo non era il primo.
Quello che si era affacciato, disse con lieve accento straniero:
- Piove ancora.
- Tanto meglio! – disse uno di quelli che stavano seduti.
- Che s’aspetta? – domandò un altro.
- Non è l’ora. Non bisogna aver fretta, più tardi è, meglio è!...
- Gli è che mi annoio...
- E se t’annoi, vattene!
- Proprio?
Il dialogo morì a questo punto. Il bravaccio che s’annoiava sbadigliò, stirò le braccia, poi le intrecciò sulla tavola e vi appoggiò il capo. Per un poco il silenzio gravò nella stanza: ma un colpo picchiato alla porta provocò un movimento, come se fosse stato un richiamo.
Dalla porta aperta, si affacciò un uomo avvolto in un mantello e disse a uno di quegli uomini.
- Andiamo, Egnacio.
Egnacio, che pareva il capo della comitiva, diede una scossa a quello che s’era addormentato.
- Su, poltrone!...
Uscirono a uno a uno, cautamente, senza far rumore: e s’avviarono, un dietro l’altro, in silenzio, rasente i muri, dietro l’uomo che era andato a chiamarli. 
La città era deserta: le case immerse nel sonno. Per quanto essi si studiassero di non far rumore, i passi risonavano nel silenzio notturno. Percorrendo vicoli tortuosi, che probabilmente datavano dal tempo dei musulmani, sbucarono nella via Marmorea, che così ufficialmente si chiamava allora il vecchio Cassaro: e imboccarono la strada di Sant’Antonio, che montava in su, verso la vecchia piazzetta di San Teodoro, chiusa dall’alta muraglia che dominava le bassure del quartiere degli Amalfitani, dove sorgeva il mercato, e scorreva ancora un fiumicello.
La comitiva si fermò sotto l’arco detto delle Vergini. L’uomo che ve l’aveva condotta, disse a Egnacio.
- Io ti aspetto a casa dove sai. Bada bene a non fallare il colpo.
- Non abbiate timore, caballero.
- E soprattutto non bisogna torcerle un solo capello.
- Ma bisogna pure impedirle di gridare!
- Troverai il modo di impedirlo, senza farle male... E ricordati di quel che ti ho detto...
Egnacio fece un gesto di promessa e di assicurazione. L’uomo che comandava con tanta autorità, e che ai modi e al portamento si vedeva bene essere un gentiluomo, si allontanò per la strada che correva lungo le mura, e che prendeva nome di Ruga del Celso; nome rimasto a una parte di essa.
Egnacio si avvicinò ai compagni, coi quali confabulò un poco, sotto voce, guardando ogni tanto il muro di cinta del giardino del monastero. La pioggia continuava, lenta, minuta, implacabile. Essi avevano i mantelli fradici, e i piedi guazzanti nella mota.
Il Ragno, che doveva essere il soprannome alla lunghezza e alla esilità delle sue gambe, s’avvicinò al muro, tastandolo, finché trovò il punto buono.
Allora stese le mani dentro certi crepacci, e con facilità straordinaria si arrampicò su pel muro, non ostante che la pioggia lo rendesse lubrico, e che più d’una volta il piede scivolasse. Gli altri seguivano con gli occhi l’ascesa della sua massa bruna e informe, che appena si scorgeva sul grigiastro del muro.
Finalmente giunse a mettersi a cavallo.
- Ci sei? – domandò Egnacio.
- Sì: butta.
Egnacio si tolse di sotto il mantello una cordicella arrotolata, al cui capo era legato un pezzo di legno: e preso lo slancio la lanciò in alto. Il Ragno la prese in petto, e cominciò a tirare la cordicella all’altro capo della quale era assicurata una scala di seta, munita di due forti uncini.
Dopo qualche minuto il Ragno disse:
- Potete salire.
Egnacio fece salire a uno alla volta i suoi compagni; ultimo si arrampicò lui. Quando tutti si trovarono a cavalcioni sull’orlo del muro, il Ragno girò la scala e la voltò dalla parte del giardino. Discesero. La terra molle spegneva il rumore dei passi; e non si udiva altro rumore che quello dell’acqua che cadeva sul laghetto che era in mezzo al giardino. V’era anticamente una sorgente d’acqua minerale che aveva virtù medicamentose, per cui i musulmani l’avevano chiamata  fonte della salute. “As Safa”. E vi avevano costruito un ospizio. I normanni vi eressero chiesette, un ospedale, forse un macello: poi vi sorse un monastero, e la fonte restò nella clausura. L’acqua perdette forse la sua virtù, ma continuò a scaturire: e le monache ne fecero un laghetto, sul quale una barchetta serviva a sollazzarle.
Egnacio, seguito dai suoi compagni costeggiò il laghetto: entrò in un viale che pareva una galleria aperta nel fogliame, e giunse a un portico. Allora si trasse di sotto una lanterna cieca, e illuminò le pareti del portico, dove scoprì una porticina.
- È questa – disse: – a te Succhiello.
Succhiello era il nomignolo affibbiato a uno di quei malandrini, per la sua abilità a scassinare le porte. Egli prese la lanterna, esaminò il buco della serratura; poi cavato un ferro dalla borsa che gli pendeva al fianco, cominciò a girarlo nel buco e a far leva, finché sentì lo scatto della molla e la porta cedette, e inghiottì nelle tenebre i cinque malandrini.

Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli. Ventisei romanzi, ognuno con un inizio diverso.
Squarcialupo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1500. Pubblicato unicamente in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924, raccolto per la prima volta in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori.
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 684 - Prezzo di copertina € 24,00

Il volume è disponibile:
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo poste o corriere, consegna gratuita a Palermo)
Su Amazon Prime e tutti gli store online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour di fronte Feltrinelli), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Spazio cultura libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102). 

lunedì 16 giugno 2025

Luigi Natoli e l'inizio dei suoi romanzi: Cagliostro e le sue avventure. Romanzo storico siciliano.

 
Un colpo di fucile rimbombò nella notte; e nel tempo stesso una voce gridò: 
- All’armi! 
Quasi subito s’udì un gran rumore di gente ridestatasi e impaurita; e per la cortina occidentale del castello, fra’ due torrioni, si videro correre, al lume di lanterne oscillanti, nere ombre gridavano: 
- Che cos’è?....
Al corruschìo delle armi si indovinava che erano soldati. 
Si udì uno stridere di ferri, uno sbattere di porte e di cancelli; alcune finestre del mastio si illuminarono; ben presto le due torri e la cortina si animarono di soldati e di aguzzini o guardiaciurme, che agitavano fiaccole e lanterne: 
- Che cos’è?...
La sentinella che aveva sparato da una delle torri, gridava: 
- Giù! Bisogna andar giù nel fosso... Dev’essere lì...
- Chi?
- Un prigioniero. È caduto nel fosso. 
Un uomo piccolo, magro, gridio, in farsetto, senza parrucca, con una spada in pugno, venne anche lui frettolosamente, gridando: 
- Che cos’è stato? che prigioniero?
Era l’illustrissimo signor tenente Gandini comandante del presidio della fortezza di S. Leo, svegliato nel suo più bel sonno da quel colpo di fucile impreveduto e inesplicabile. 
- È scappato un prigioniero, illustrissimo...
- Un prigioniero? Scappato? E l’avete lasciato scappare, animali! Salvando il battesimo... Vi farò impiccare...
- Illustrissimo, non è scappato: è precipitato giù nel fosso; deve essersi sfracellato!...
Intanto si era aperta la saracinesca e la porta del castello, e abbassato il ponte; quattro soldati con la baionetta inastata e alcuni guardiaciurma con fiaccole, scendevano nel fosso. Di su, altri sporgevan fuori dalle feritoie altre fiaccole e lanterne; e la scena si illuminava fantasticamente qua e là di luce rossiccia e fumosa. 
Il tenente Gaudini, arrampicato sul parapetto, allungando il capo, gridava: 
- Fa’ presto sergente! Oh che avete le gambe di legno?
La sentinella che aveva sparato, alla sua volta, gridava per guidare i cercatori: 
- Da questa parte... dev’essere caduto da questa parte!... l’ho veduto precipitare io!...
I soldati e i guardaciurma seguivano le indicazioni, balzellando per la costa sdrucciolevole del fossato, e sorreggendosi sui fucili e sui bastoni. E intanto dal borgo, destati da quella fucilata, stupiti da quel trascorrere di lanterne e di torce a vento nell’ombra notturna, accorrevano i terrazzani, domandandosi che cosa fosse accaduto. Incendio non era; salvo il fumo delle torce, non v’era altro segno di arsione; assalti impensati di nemici, non era da supporne. 
Ancora i repubblicani francesi non osavano scendere dalle Alpi; e gli stati di Sua santità erano tranquilli. Né si poteva pensare a ribellioni. Se nelle grandi città, per esempio a Roma qualche anno innanzi, o a Bologna, v’erano degli innovatori, infatuati di giacobinismo, (pochi, per fortuna, della Santa Sede e della religione!) come poteva supporsi che ve ne fossero in San Leo, in quel piccolo borgo, appollaiato sull’ardua rocca di Montefeltro, sotto la minaccia della formidabile fortezza?
Ma ben presto la verità corse di bocca in bocca. Un prigioniero aveva tentato di fuggire. Come, non si sapeva. La sentinella che passeggiava nella torre di tramontana, aveva veduto un’ombra attraversare la corte, salire e scavalcare la cortina, calarsi lungo il muro. Le aveva gridato l’alto, ma l’ombra si era affrettata a discendere, come un gatto; e allora la sentinella aveva fatto fuoco. L’ombra era precipitata nel fosso. Era evidente che doveva essere un prigioniero. Il muro era alto e il corpo del prigioniero aveva fatto un tonfo. Era vivo? Morto?
I terrazzani commentando il caso inaudito salivan per la china sparsa di cespugli, che separa il borgo dalla fortezza; si distendevano sul ciglio del fosso, guardando i soldati che vi erano scesi, e che tendevan alte le fiaccole, per illuminar più lontano che fosse possibile. 
A un tratto una voce gridò: 
- Eccolo! Eccolo!...
Il comandante con un gran sospiro di soddisfazione, gridò: 
- C’è dunque?
- Signor sì, illustrissimo!...
- Sia lodato Dio! chi è? Guardate chi è il malandrino?...
Al dubbio lume delle torce si vedeva tra i sassi limacciosi raggomitolato e immobile un corpo umano, del quale non si scorgeva il capo, nascosto com’era fra le gambe. 
I soldati gli furono addosso; un di loro, chinatosi, gli sollevò il capo e gridò con stupore:
- È l’eretico...
- L’eretico?
La parola risonò per tutte le bocche con lo stesso stupore. 
- È morto? – gridò il tenente Gaudini con sdegno e paura. 
- Dagli col calcio del fucile! 
- Il bestione è svenuto!...
- Fagli un salasso con la bajonetta: gli farà bene...
- Adagio... Mi pare abbia una gamba rotta!...
- No, un braccio!
- Un braccio e una gamba!...
- Ma guarda! Il diavolo suo compare l’ha dunque abbandonato?...
Un soldato rimontò il fosso per andare a prendere una scala; intanto che gli altri continuavano a vociare fra loro e coi terrazzani, che dal ciglio del fosso domandavano:
- Rinviene?
- Sì...
- No...
- Ma sì, apre gli occhi!... Domandagli come ha fatto...
- Che cosa vuoi che risponda!... Gli è tutto pesto!...
Il caduto aveva difatti aperto gli occhi con una espressione di intontimento, guadando intorno i soldati, le fiaccole, i fucili, come se non capisse nulla: ma a poco a poco la coscienza cominciò a ritornargli, il suo sguardo, diventando più intelligente, si incupiva, prendeva una espressione di collera. 
Tentò un movimento, ma un dolore acuto gli strappò dalla bocca un grido angoscioso...

Collana dedicata alle opere di Luigi Natoli: 26 romanzi storici, ognuno con un inizio diverso.
Cagliostro e le sue avventure: il romanzo-diario che ha come protagonista Giuseppe Balsamo, passato alla storia come Il conte di Cagliostro. 
L'opera è la trascrizione dell'unico romanzo originale, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1914.
Pagine 884 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita a Palermo, consegna a mezzo corriere o con raccomandata postale in tutta Italia)
Su tutti gli store online.
In libreria presso: 
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Zacco (Corso Vittorio Emanuele 423), Libreria Nike (Via M.se di Villabianca 102), Spazio cultura libreria Macajone (Via M.se di Villabianca 102).

lunedì 2 giugno 2025

Luigi Natoli: 31 maggio 1860. Quando Garibaldi si affacciò dal balcone del palazzo municipale... Tratto da: Rivendicazioni attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860

La notizia della conferenza si era già diffusa in un baleno per la città; e una folla immensa, tutto un popolo, “picciotti” delle squadre, volontari, donne, vecchi, signori e plebei si accalcava, si pigiava nella piazza del palazzo di città, su per la fontana, tra le macerie, nella via Maqueda fino e oltre i Quattro Canti. Un bollettino era stato redatto, stampato e divulgato, che aveva commosso e infiammato gli animi. Riferiva che le trattative, contenendo fra i patti una condizione “umiliante per la brava popolazione di Palermo” dal Generale rigettata, erano rotte, e il domani si sarebbero riprese le ostilità. Ma la folla voleva vedere il Generale; ed egli si affacciò dal balcone posto nell’angolo del palazzo, dalla parte di via Maqueda; accanto a lui era il maggiore Bosco andato come parlamentario del Lanza. Un alto e profondo silenzio si fece subito su quella immensa folla, ansiosa e fremente, sopra la quale squillò la bella voce del Generale, come tromba di guerra.- “Popolo di Palermo, il nemico mi ha fatto proposte ignominiose per te; ed io sapendoti pronto a farti seppellire sotto le rovine della tua città, le ho rifiutate!”.
Un urlo formidabile, tremendo, scoppiò da centomila bocche – “Guerra! guerra!... grazie, Generale!...” tutte le mani si tesero a lui; e parve in quel momento che Garibaldi e il popolo non avessero che un’anima sola.
V’erano in quella moltitudine uomini e donne quasi seminude, scampate all’incendio e alle bombe, che avevan loro distrutta la casa, uccisi i parenti; v’eran vecchi e fanciulli digiuni da tre giorni, senza casa, senza domani; e pure nessuno ebbe un attimo di debolezza; nessuno pensò che della città non sarebbe rimasta una pietra, che la guerra sarebbe stata d’esterminio; nessuno tremò: le rovine e i patimenti e le morti avevano tramutato tutta una popolazione in un esercito di eroi.
- “Guerra! guerra!”.
Il maggiore Bosco impallidì e si ritrasse.
La popolazione si preparò alla ripresa della lotta, che sarebbe riuscita micidiale alle truppe, per le formidabili barricate e per la trasformazione d’ogni casa; ma che avrebbe ridotta la città un cumulo di rovine. Fortunatamente il disastro fu scongiurato. Il generale Letizia e il colonnello Bonopane, venuti da Napoli, espressamente, il 31 proposero a Garibaldi, senza che il Lanza ne sapesse nulla, il prolungamento dell’armistizio. Si vociferò di tradimenti, si infamò questo o quell’onesto generale: e la verità, rimasta tanto tempo celata, è oggi palese per la pubblicazione della corrispondenza tra il re Francesco II e il generale Lanza. Il Letizia e il Bonopane avevano ricevuto l’incarico dal re; al cui animo ripugnava lo spargimento del sangue e l’orrore del bombardamento. Egli volle l’armistizio; persuaso per altro che la Sicilia oramai era perduta; e che la corona doveva salvarsi a Napoli.
O la fortuna assisteva davvero il genio di Garibaldi, l’audacia dei suoi compagni d’armi, la tenacia e il valore di tutto un popolo!



Luigi Natoli: Rivendicazioni. La rivoluzione siciliana nel 1860 e altri scritti storici sul Risorgimento. 
Una raccolta di scritti storici e storiografici rigorosamente nella originalità dei documenti:
Storia di Sicilia dalla Preistoria al Fascismo (Ed. Ciuni anno 1935 - Per la parte di storia siciliana che va dal 1820 al 1860) La rivoluzione siciliana nel 1860. Narrazione. (Comitato cittadino pel cinquantenario del 27 maggio 1860 - Palermo 1910) Di un volume di documenti sulla rivoluzione siciliana del 1860 e sulla spedizione dei Mille. (Estratto mensile "Rassegna storica del Risorgimento Anno XXV Fasc. II Febbraio 1938 - XVI) I più piccoli garibaldini del 1860 (Estratto da "La Sicilia nel Risorgimento italiano - anno 1931") Rivendicazioni. Attraverso le rivoluzioni siciliane del 1848-1860 (Cattedra italiana di pubblicità - Editrice in Treviso 1927).
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Pagine 575 - Prezzo di copertina € 24,00
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita a Palermo, consegna a mezzo corriere o poste in tutta Italia)
Su tutti gli store online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102). 

Luigi Natoli: 2 giugno 1882, muore Giuseppe Garibaldi. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano.

Il 2 giugno del 1882, nella sua isoletta di Caprera, morì Giuseppe Garibaldi.
Il suo nome non ha bisogno di lodi: perché non si può parlare del risorgimento della Patria, senza parlare di lui. E non ci inchiniamo dinanzi alla sua grandezza soltanto noi Italiani, ma tutti i popoli civili: perché dove c’erano popoli oppressi, che anelavano alla libertà, ivi accorreva Garibaldi.
Combattè in America, combattè in Roma, in Lombardia, in Sicilia, nel Napoletano, in Francia: e giovani e vecchi lo seguivano, perché egli li affascinava e li tramutava in eroi.
Eppure questo grande guerriero, questo liberatore di popoli era di cuor generoso e compassionevole: era modesto, e rifiutò gradi, onori e doni. Si sarebbe potuto arricchire; invece, dopo aver liberato la Sicilia e Napoli, e aver dato al re Vittorio Emanuele II queste due regioni, se ne tornò povero e semplice in Caprera, a coltivare le sue terre e a governare il suo piccolo gregge.
Ma quanta gloria illuminava la casetta solitaria da lui stesso costruita! E di quanta venerazione non era egli circondato!...
Non v’è città in Italia che non gli abbia inalzato un monumento, o non abbia intitolato una via col suo nome. E questo, perché dire: “Garibaldi” e dire: “Italia”, è la stessa cosa.


Luigi Natoli: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie. 
Pagine 210 - Prezzo di copertina € 18,00
L'opera è la fedele trascrizione del volume pubblicato dalle Industrie Riunite editoriali siciliane (Palermo) nel 1925 ed è corredato dalle foto originali del libro. 
Copertina di Niccolò Pizzorno.
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour) e presso il punto vendita del Centro Commerciale Conca d'Oro, La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via Marchese di Villabianca 102), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15).