giovedì 19 dicembre 2024

Luigi Natoli: Un presepe alla vigilia della rivoluzione del 1848... Tratto da Chi l'uccise? Romanzo storico siciliano

Padre don Nunzio stava aggiustando gli apparati per trasformare una delle cappelle della parrocchia di san Nicola in grotta per accogliervi il Bambino Gesù, la notte di Natale. Mancavano ancora dieci giorni, ma il sedici dicembre cominciava la “novena”, e si doveva celebrare innanzi alla cappella trasformata.
Il brav’uomo, in sottana nera succinta, aiutava lo scaccino e il seggiolaio a mettere a posto i vari pezzi di sughero dipinto e incollato su armature di legno, che congiunti con apposito disegno, venivano a costruire al sommo dell’altare la grotta, cornice di Dio fatto uomo.
Ma i collaboratori non lasciavano soddisfatto padre don Nunzio, che dimenticava di trovarsi in chiesa, si lasciava scappare certe esclamazioni, che avrebbero fatto arrossire perfino le seggiole.
- Ponila più su… non così… più a destra… Che ti pigli un accidente. Più giù… Basta così… E tu, che santo diamine fai costì? Leva quel sughero; non vedi che par che caschi addosso al Bambino?
E qui un’altra mala parola da non potersi scrivere.
- Ora andate a desinare, che è tardi; ma tornate fra due ore. Vi bastano? Stasera tutto ha da essere bello e fatto. Avete sentito quello che hanno fatto a Roma i nostri compatrioti? E c’era il Papa; quel sant’uomo del Papa! Dunque fra due ore.
Per capire il discorso di padre don Nunzio bisogna sapere che i Siciliani residenti a Roma avevano festeggiato la Consulta creata dal Papa, andando nel corteo con gli altri, inalberando la bandiera tricolore, la sola che si vide a Roma in quella occasione. Questa notizia era stata comunicata ad alcuni amici di Palermo; e padre don Nunzio l’aveva saputa e detta in confidenza ai suoi fidati. E aveva immaginato una cosa spettacolosa: far nascere il Bambino fra un nembo di tricolori; tre colori nella paglia, tre colori nei raggi, tre colori nella coda della stella fatale. Come sarebbe andata non ci pensava: avrebbe però voluto vedere se i poliziotti si sarebbero rischiati di portare le mani sulle cose sante dell’altare.


Luigi Natoli: Chi l'uccise? Romanzo storico ambientato nella Palermo del 1848, al tempo della rivoluzione. 
Pagine 146 - Prezzo di copertina € 13,50
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita per chi ordina da Palermo - ovunque con corriere o posta raccomandata).
https://www.ibuonicuginieditori.it/luigi-natoli-i-romanzi
Puoi ordinare il libro anche al whatsapp 3894697296 o alla mail ibuonicugini@libero.it
Su Amazon Prime, Ibs/Feltrinelli e tutti gli store online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), La Nuova Ipsa (Via dei Leoni 71) La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Libreria Modusvivendi (Via Quintino Sella 79)

Luigi Natoli: Qualche giorno prima di Natale il tempo s'era rasserenato, e un bel sole splendeva nell'azzurro cielo... Tratto da: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano


L’inverno di quell’anno si annunciava triste e minaccioso; cattivi raccolti, scarse importazioni, commerci ristagnati, miseria e desolazione dovunque. Dalle provincie accorreva alla capitale una folla di uomini e donne, di vecchi e di fanciulli, attirati dal miraggio di una ricchezza che alle loro menti pareva disposta perchè tutti vi attingessero; e dalla fama dei provvedimenti ai quali il Senato ricorreva, con una facilità che poteva creare l’illusione di uno stato finanziario floridissimo, e che invece trascinava l’amministrazione municipale al fallimento.
La nobiltà elegante, frivola, spendereccia, spensierata, alla quale bastava e soverchiava quel che dai feudi, accumulati in poter suo, proveniva ogni anno sotto vari titoli; che non visitava mai i proprii feudi, non curava di migliorare l’agricoltura; e ignorava che cosa fosse la miseria; questa nobiltà vedeva con dispetto quell’agglomerarsi di affamati e seminudi, dagli aspetti torvi e macilenti; e non trovava altro rimedio che incitare il governo a ricacciarli via nelle province, verso la fame e la morte.
Ne derivavano furti e depredazioni, talvolta omicidi, e conseguenza inevitabile, il gittarsi alla campagna, per sfuggire alla polizia, aumentando il numero degli sciagurati che, più spesso radunati in bande, rendevano mal sicure le strade maestre e le campagne.
Le condizioni di viabilità, la polizia imperfetta, agevolavano le imprese brigantesche. Varî luoghi, dove la facilità delle sorprese assicurava l’esito, avevano acquistato fosca rinomanza, e non vi si passava senza trepidazione.
Tutt’ora rimangono qua e là, in alcune contrade, nomi paurosi, e nel linguaggio popolare frasi che ricordano le grassazioni frequenti e abituali, di cui quei luoghi erano il teatro.
Uno di questi era noto col nome di Malpasso. Non era molto lontano dalla città, e forse non sarebbe stato difficile a una polizia bene ordinata di vigilarlo. Tuttavia le rapine, le grassazioni a danno dei vetturali e dei carrettieri o della corriera postale vi erano continue e audaci. La campagna vi offriva tali nascondigli, che, compiuto il colpo, le bande vi si potevano dileguare senza esser vedute.
V’era una piccola osteria; almeno tale sembrava dalla frasca di alloro che vi sporgeva dallo stipite della porta sulla strada. In verità era una meschina casetta di pietre e fango, senza ammattonato; due stanze, nella prima delle quali era una tavola sudicia e barcollante, e alcune panche di legno non meno sudice e malferme, un piccolo banco e una botte; nell’altra stanza, dove non a tutti era concesso di entrare, si apriva un’altra porta che dava nella campagna.
I carrettieri, i “canceddi”, i corrieri, si fermavano un istante, sulla porta, a bere un bicchier di vino, per ristorarsi; scorgevano talvolta nell’interno delle facce torbide e spaventevoli, e un luccicar di canne di fucili e di tromboni; e allora si raccomandavano ai santi e alle anime del purgatorio, e si affrettavano a partire. L’oste aveva un viso doppio e traditore: pareva a prima vista un brav’uomo contento e buon amico di tutti; ma aveva sotto quella maschera un sogghigno malvagio e poco rassicurante. Egli era per la sua sicurezza la spia, il manutengolo, il provveditore delle bande brigantesche, pur fingendo di essere nel tempo stesso la spia della giustizia, pur troppo continuamente ingannata dalle sue false indicazioni
Da parecchi giorni era piovuto; e le strade eran così fangose, che le ruote dei carri vi affondavano e vi aprivano dei solchi che si sovrapponevano o si intersecavano e rendevano difficile e faticoso il cammino. Ma qualche giorno prima della festa di Natale il tempo s’era rasserenato, e un bel sole ristoratore splendeva nell’azzurro del cielo. Lunghe “retini” di muli e carri, pieni di agnelli, di maiali, di caci, di tutto ciò che la provincia inviava alla voracità cittadinesca, e che i feudi mandavano ai signori, percorrevano le strade. Chi per sue faccende si trovava lontano dalla capitale, approfittando del bel tempo, si affrettava a tornare: cosicchè non era infrequente incontrare una lettiga, dondolantesi alla cadenza delle sonagliere, che trasportava qualche signore o qualche procuratore.
I “borgesi” viaggiavano a cavallo. Raramente s’incontrava la compagnia dei cavalleggeri, addetta alla sicurezza delle strade e delle campagne. Essa accorreva, quando accorreva, dopo qualche grande e audace aggressione.
L’antivigilia del Natale due cavalli fermatisi dinanzi all’osteria di Malpasso fecero accorrere l’oste premuroso. Due giovani cavalieri ne smontarono, con le carabine in mano. Uno di essi, gittando le redini nelle mani dell’altro, disse all’oste:
- Avete da mangiare?
- Eccellenza, – rispose l’oste – che cosa vuole che una povera bettola di campagna abbia? Un pezzo di formaggio e del pane casalingo... Non sono cose per...
- Sta bene. Basta per togliere la fame...



Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo borbonica del 1792. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale, pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1913.
Pagine 880 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita per chi ordina da Palermo - ovunque con corriere o posta raccomandata). Puoi ordinare il libro anche al whatsapp 3894697296 o alla mail ibuonicugini@libero.it
Su Amazon Prime, Ibs/Feltrinelli e tutti gli store online.
In libreria presso: La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), La Nuova Ipsa (Via dei Leoni 71) La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), Libreria Modusvivendi (Via Quintino Sella 79)

mercoledì 18 dicembre 2024

Luigi Natoli: Giulio Federici. Un episodio di Palermo nel secolo XVII. Racconto storico, il primo scritto dall'autore a quattordici anni.

Per un caso fortunato, abbiamo trovato questo volumetto, il primo racconto storico pubblicato da Luigi Natoli nel 1877. Da lui scritto a 14 anni, dopo averlo riveduto e corretto lo pubblicò qualche anno dopo, come l'autore stesso spiega in una intervista del 1926.

Come son diventato scrittore? veramente io dovevo darmi alla pittura, e la studiai qualche anno, a riprese, quando ero un ragazzetto di dieci a dodici anni. 

A farmi mutare strumento concorse il mio professore di seconda ginnasiale, padre Vincenzo Ramirez, che una volta in pubblica classe, mi disse: “Spero di vivere tanto da leggere le cose vostre stampate”. Buona e cara memoria di maestro, che troppo fidò!... Dio gli perdoni di aver fatto di me uno scribacchiatore. 

Nella vita letteraria entrai per tempo: a quattordici anni scrissi un romanzo; che sei anni dopo mia madre (quali illusioni non crea l’amore materno?) volle farmi stampare; e – quando si dice la predestinazione! – era un romanzo storico siciliano! E fu stampato giusto nel 1877. 

Il racconto (pagine 113) è ambientato nel 1647, al tempo della rivolta di Giuseppe D'Alesi, in una Palermo tormentata dalla tirannide della dominazione spagnola sotto il vicerè Los Velez e la crudeltà dell'Inquisizione. 
Accanto al protagonista Giulio Federici, di invenzione dell'autore, si muove la figura di Giuseppe d'Alesi e la rivolta che portò alla fuga del vicerè ed all'epilogo finale. 
Affascinato dalla figura del rivoluzionario, e mettendo come in tutti i suoi romanzi storici la lotta del popolo per la libertà, Luigi Natoli dedica al d'Alesi un Canto, a conclusione del racconto. 
La copertina, opera di Niccolò Pizzorno, ritrae Giuseppe d'Alesi nella rivoluzione con sullo sfondo la cupola della chiesa di S. Giuseppe dei Teatini. Il lettore capirà il perchè. 


Luigi Natoli: Giulio Federici. Un episodio di Palermo nel secolo XVII. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato nel 1877 dallo stabilimento tipografico diretto da P. Pensante. 
Pagine 113 - Prezzo di copertina € 15,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=giulio%2520federici
Consegna gratuita per chi ordina da Palermo. Consegna a mezzo corriere ovunque. 
Disponibile su tutti gli store online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (via Marchese Ugo 56), La Nuova Ipsa (Via del Leoni 79), Libreria Modusvivendi (Via Quintino Sella 79), Libreria Macaione (Via Marchese di Villabianca 102)

Luigi Natoli: Costumanze natalizie. Tratto da: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie.

Durante nove giorni che precedono il Natale, a partire dal 16 dicembre, i ciaramellari o i suonatori di violino, vanno in giro; e dinanzi alle edicole e alle cappellette o nelle case dove sono accaparrati per tutta la novena, suonano la pastorale, e cantano brevi canzoncine intorno alla nascita di Gesù.
Quando per la prima volta si sente il suono della ciaramella, un sentimento di gioia sorride in tutti i cuori: essa è l’annunciatrice del Natale.
I ragazzi costruiscono il presepe, o lo acquistano bello e fatto. È una piccola scena, che di solito rappresenta una montagna, nella quale si aprono due grotte. Per le rocce si usa il sughero che è scabroso e le imita bene; qua e là ci si mettono casette, torri, fichidindia di argilla dipinta, capanne. E poi vi si dispongono i pastori, che così si chiamano tutti i personaggi: in una grotta mettono Maria, Giuseppe, il Bambino, l’asino e il bue; e dinanzi alla bocca della grotta il suonatore di ciaramella, il pifferaio, i pastori che offrono doni. Altri pastori e pastorelle si spargono per le rocce: quale con un fascio di legna, quale dormente, o spaventato dalla luce, o spingendosi innanzi un asinello carico di cavolfiori: altri pastori dentro la seconda grotta attendono a far caci e ricotte.
La notte di Natale si accendono lampadine che illuminano la scena; ed è una festa pei ragazzi. E se si può, si fa venire il ciaramellaro a suonare la pastorale e a cantare:

A la notti di Natali,
ca nascìu lu Bambineddu,
e nascìu ’mmenzu l’armali.
’mmenzu un voi e un asineddu.

E poi si va a cena. È la cena più allegra, anche se povera. La massaia ha preparato il dolce di occasione, secondo l’usanza del paese, e sulla tavola abbonda la frutta secca.
Durante la novena, ma più la notte di Natale, nelle case si gioca alla tombola, per pochi centesimi; poi si va alla messa di mezzanotte: perché la notte di Natale nelle chiese si dice messa, e il prete ne celebra tre.
E così si aspetta il domani, che è la festa grande, e in tutte le case c’è pace e gioia, come se vi fosse sceso Gesù Bambino a benedire con le sue manine gli uomini di buona volontà.



Luigi Natoli: Almanacco del fanciullo siciliano. Libro sussidiario di cultura regionale e nozioni varie. 
Con le illustrazioni dell'epoca. 
L'opera è la fedele trascrizione del volume originale, pubblicato con le Industrie Siciliane Riunite nel 1925.
ISBN: 9791255470205
Pagine 210, ill.
Prezzo di copertina € 19,00
La copertina di Niccolò Pizzorno riproduce quella dell'epoca. 
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna gratuita a Palermo, con corriere spediamo ovunque). 
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=almanacco
Puoi ordinare anche alla mail ibuonicugini@libero.it o al whatsapp 3894697296
Su Amazon Prime, Ibs/Feltrinelli e tutti gli store online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Via dei Leoni 71), La Nuova Bancarella (Via Cavour). 


martedì 3 dicembre 2024

Luigi Natoli: Non parricidio quello del 4 dicembre 1563, ma uxoricidio, come sospettò il Pitrè... Tratto da: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.

Il signor Pietro Barcellona di Carini, raccogliendo in un grosso volume di varia materia, le memorie della sua terra natale, e rifacendo secondo la sua fantasia o leggenda o “storia vera” della baronessa di Carini, praticò delle ricerche in quell’archivio  parrocchiale, già frugato dal Salomone-Marino; e trovò nel registro dei morti dall’anno 1559 al 1575, a carte 38, verso, sotto il mese di dicembre, le due noterelle conosciute oramai dagli studiosi, ma che giova riprodurre: 


A di 4 dicembre, VII ind. 1563, fu morta la Baronessa
Laura La Grua. Seppellio a la matri ecl.” 

A scanso di equivoci noto qui, che alla dizione “fu morto, fu morta” non do, come ha fatto qualcuno, il significato toscano di “fu ucciso”. Essa è la traduzione del latino mortus, mortua est, ed equivale a “morì”. È la forma usata in Sicilia, in tutti gli atti di morte e dai cronisti.
  
E immediatamente sotto: 
“Eodem, fu morto Ludovico Vernagallu ecc.” 
Eodem, cioè lo stesso giorno.
 
La data è identica a quella del diario del Paruta; ma il nome della donna non è quello dato dall’Auria, né quello del poemetto; invece di “Caterina” essa di chiama “Laura”; e il Vernagallo, morto lo stesso giorno – si noti bene – non è quel Vincenzo che se ne andò in Spagna e di cui favoleggia il poemetto, ma un Ludovico, diverso dal padre di Vincenzo, il marito di Elisabetta La Grua, che già era morto sette anni prima, come afferma il Salomone-Marino.
Nessuna delle figlie di Vincenzo La Grua si chiama Laura, e nessuno dei fratelli di Vincenzo Vernagallo si chiama Ludovico. Perché fra i Vernagallo – ramo diretto – spunti un altro Ludovico, bisogna giungere agli ultimi del secolo XVI o ai principi del seguente, e trovarlo fra i figli di Alvaro, nipote di Vincenzo. 
Il chiaro Salomone-Marino vide nell’archivio parrocchiale l’atto di morte di Laura La Grua, e lo cita, sebbene non esattamente, ma non vide o non curò quello di Ludovico Vernagallo. Tuttavia persuaso della esattezza delle sue indagini, e non dubitando che l’uccisa – se fu uccisa – fosse Caterina, opinò che se non si trattava di errore materiale di scritturazione, poteva quel “Laura” essere un secondo nome della fanciulla; ma le sue ricerche sul proposito non ebbero successo, non essendogli stato possibile ritrovare la fede di nascita di Caterina.
Né pare gli sia balenato nella mente che la “Signora di Carini”, questa Laura La Grua, “baronessa” così chiaramente notata nel documento parrocchiale, potesse essere la moglie del barone don Vincenzo, la quale, appunto aveva nome Laura. E pure, lo stesso dotto raccoglitore trovò che a 21 ottobre del 1564 – circa un anno dopo – don Vincenzo La Grua passava a seconde nozze con Ninfa Rois o Ruiz dei Santo Stefano; e l’11 marzo 1565 a terze nozze con Paola Sabia della famiglia Spinola. Nessun dubbio quindi doveva sorgere, che la baronessa Laura La Grua, morta in Carini il 4 dicembre 1563 fosse proprio la “Signora di Carini”; dei Diarii; fosse cioè la Laura Lanza, moglie di don Vincenzo La Grua, barone, e perciò “Signore di Carini”. 
Non parricidio perciò, ma uxoricidio come sospettò il Pitrè; non un padre ferocissimo e mostruoso che, per odio di famiglia, si bagna del sangue della figlia, ma un marito oltraggiato laidamente, che, date le idee del tempo e della razza, compie un nobile gesto vendicatore dell’onor vilipeso. 


Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue.
Raccolta di storie e leggende trascritte dal volume originale Storie e leggende, pubblicato in Palermo dalla casa editrice Pedone Lauriel nel 1892. Alla raccolta è stata aggiunta la novella "La signora di Carini" pubblicata nel Giornale di Sicilia nel 1910 con pseudonimo di Maurus, "Un poemetto siciliano del secolo XVI" estratto dagli Atti della reale accademia di scienze, lettere ed arti di Palermo (serie III - vol. IX - Palermo 1910) e "Storia della Baronessa di Carini (sec XVI) estratto da "Musa siciliana" con note dell'autore - Casa editrice Caddeo 1922. Il volume raccoglie quindi, a parte le altre leggende su famosi "casi" siciliani, tutto quanto Luigi Natoli scrisse sul famoso "caso" della Baronessa di Carini.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Pagine 310 – Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia).
Disponibile su Amazon Prime, Ibs e tutti gli store di vendita online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102).

Luigi Natoli: Ella sentì lo stridore della lama e un brivido gelato le corse per le vene... Tratto da: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue

 
Ella correva dietro al suo sogno, cercandolo tra le nubi dorate che erravano nel cielo; quando un frequente scalpitare di cavalli distolse gli occhi suoi.
Guardò giù nel piano; un gruppo di cavalieri che ella non distingueva ancor bene, saliva già la collina; uno di essi andava innanzi, incitava il cavallo, come per infondergli lena; il cavallo incurvava la nobile testa sul petto fumante, ed allungava il passo su lo scosceso sentiero che serpeggiava fra le rupi.
Donna Caterina guardava con sospettosa curiosità; chi potevano essere quei cavalieri? E quale urgenza li pungeva? E che venivano a cercare nel castello? Quando furono più vicini, il cavaliere che andava innanzi levò la testa in su. Donna Caterina trasalì; un fremito ghiacciato serpeggiò per le vene; le gambe le tremarono; stette come inchiodata dal terrore nel balcone.
Aveva riconosciuto suo padre...
I cavalli erano arrivati su la spianata; il signor barone, veduta la figliuola, aveva cacciato gli sproni nei fianchi del cavallo, levando il pugno minaccioso verso di lei. ella vide i cinque cavalieri svoltare l’angolo, e poco dopo sentì risonare i ferri sul selciato della corte. Allora fece uno sforzo, entrò nella sala, e si appoggiò alla spalliera di un seggiolone: in quel momento la porta si aprì con fracasso; il barone don Vincenzo, seguito da un bravaccio, balzò nella sala come l’avvoltoio su la colomba.
Si fermò innanzi alla figliuola, incrociando fieramente le braccia sul petto, e guardandola quasi per scoprire sul suo volto le tracce degli ultimi baci peccaminosi.
Ella tremava, pallida, atterrita, non osando levare gli occhi su quelli del padre, sul cui aspetto aveva letto chiaramente la sua condanna.
Stettero un minuto così, in silenzio, l’uno di faccia all’altra; il bravo, bieco e triste, se ne stava aspettando, su la soglia dell’uscio. Donna Caterina si sentiva venir meno; perché la sala non sprofondava, inghiottendola? Perché non moriva ella in quel punto, per sottrarsi alla vergogna, alla collera, al castigo?
Ah, ella lo sapeva bene, lo sentiva dentro di sé, perché era venuto il padre, ma furono quelle le parole che le vennero su le labbra, ed ella le disse forse per nascondersi la spaventevole risposta che le agghiacciava l’anima. E ripetè, senza sapere quello che si dicesse, fuori di sé:
- Perché siete venuto, signor padre?
- Sono venuto per ammazzarvi! – rispose il barone cupamente, e sguainò la spada.
Ella sentì lo stridore della lama uscente dalla guaina e un brivido gelato le corse per le vene: si buttò in ginocchio, giungendo le mani con una espressione disperata di preghiera e di dolore. Una rapida visione le passò innanzi agli occhi, la visione del peccato; morire senza un ultimo conforto, senza il conforto di Dio? Si risovvenne delle parole di frate Arcangelo, del tempo trascorso senza pregare, della chiesa fatta per lei un ritrovo d’amore, dello scandalo seminato, dell’infamia che pesava sopra di lei, della dannazione dell’anima... Una spaventevole visione infernale! Voleva farla morir così? Voleva dannarla a una disperazione eterna? Senza fine? Senza tempo?
- Signor padre!... – supplicò – signor padre, lasciatemi dunque confessare.
- Confessarti? – stridette con un sogghigno feroce il barone – confessarti?... domandi un confessore? E per quanti mesi non hai avuto bisogno di confessarti? Di’!
Le si accostò, sollevandole ruvidamente la testa e piantandole gli occhi negli occhi.
- Dillo! Quanti mesi sono che trascini il mio nome nel fango? Che ti abbandoni negli abbracci impuri di un mio nemico? Che insozzi la casa mia, che non conosce infamia?
Ella si coperse il volto con le mani:
- Oh abbiate pietà di me, abbiate pietà... Esterrefatta, disperata, non sapendo a qual partito appigliarsi, donna Caterina balzò in piedi, fuggendo verso le stanze. Il signor don Vincenzo le si slanciò dietro, bestemmiando, ella fuggiva verso la sua cameretta...


Luigi Natoli: La Baronessa di Carini e altri racconti con fatti di sangue. 
Raccolta di storie e leggende trascritte dal volume originale Storie e leggende, pubblicato in Palermo dalla casa editrice Pedone Lauriel nel 1892. Alla raccolta è stata aggiunta la novella "La signora di Carini" pubblicata nel Giornale di Sicilia nel 1910 con pseudonimo di Maurus, "Un poemetto siciliano del secolo XVI" estratto dagli Atti della reale accademia di scienze, lettere ed arti di Palermo (serie III - vol. IX - Palermo 1910) e "Storia della Baronessa di Carini (sec XVI) estratto da "Musa siciliana" con note dell'autore - Casa editrice Caddeo 1922. Il volume raccoglie quindi, a parte le altre leggende su famosi "casi" siciliani, tutto quanto Luigi Natoli scrisse sul famoso "caso" della Baronessa di Carini.
Copertina di Niccolò Pizzorno 
Pagine 310 – Prezzo di copertina € 21,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia). 
Disponibile su Amazon Prime, Ibs e tutti gli store di vendita online.
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita centro commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102),