mercoledì 27 novembre 2024

Luigi Natoli: Era l'ottobre del 1646... Tratto da: Giulio Federici. Un episodio di Palermo nel secolo XVII. Racconto storico.

 
Se sdraiato sotto la tenda di una barchetta, movete dal capo Zafferano a mezzogiorno, vi si para innanzi una veduta incantevole, che anco vostro malgrado, siete nella necessità di ammirare. Figuratevi un cielo di un azzurro caldo, trasparente e quasi sempre limpido, un mare ancor più azzurro, increspato lievemente sulla sua superficie, che par sorrida, ed orlato alla riva di abbagliante spuma. A sinistra le montagne di capo Zafferano, correndo a vallate sino al monte Grifone, dal quale si parte una catena non interrotta di monti, che, segnando un arco in una valle aperta, va a finire col monte Pellegrino, a destra. Negli spazii lasciati dalle valli si scorgono altre catene, e poi delle altre, che si perdono con l’azzurro del cielo. Nella valle, in riva al mare, in mezzo a verzura ed a fiori sempre vivi, sorge Palermo; bella, altera, coraggiosa, specchiandosi nelle limpide acque del golfo per mirarvi le sue superbe bellezze, come voluttuosa odalisca del Bosforo nelle acque del bagno. Allora voi sarete costretto a sorridere, e a mandare un saluto alla storica città.
L’autunno in Sicilia di giorno è quasi sempre sereno, di notte spesso rinfresca la terra delle sue piogge; quasichè il sole, pria di seppellirsi nelle nebbie invernali, voglia risplendere per l’ultima volta, ad onta del verno che si avvicina, e conceda a questo la sola notte. 
Noi siamo in un’epoca remota nel nostro racconto, e fa d’uopo che i miei dieci lettori mi ci accompagnino, se avranno tanta pazienza: ad ogni modo, ancorchè voi mi lasciaste, io continuerò la mia storia sino alla fine. 
Era l’ottobre del 1646, il sole sprazzava tra certi nugoloni a strisce orlate di fuoco i suoi ultimi raggi, i quali tingevano di una luce vermiglia le cupole ed i più alti edificii della città; spirava un venticello leggero, il quale, a misura che il sole cadeva, ringagliardiva, e spingeva le nubi, che s’imbrunivano, e davano al mare una tinta fosca. Alla malinconia della natura moribonda s’univa in quel tempo lo spettacolo, più che affligente, della miseria, in cui versava Palermo, anzi tutta la Sicilia. 
Che si potea vedere in una città, dove la tirannide più spietata era coperta dal velo dell’ipocrisia? Ove il governo non avea altra cura dei sudditi, che smunger loro danaro anche dal sangue? e quando noi diremo dei sudditi, non sono da intendercisi i nobili e il clero, chè anzi la tirannia veniva principalmente da essi; ma il solo popolo minuto, come dicevasi, la sola plebe, che si cercava di avvilire con l’ignoranza e la superstizione, per renderla soggetta ciecamente alla nobiltà e al Clero. I quali non erano più quelli dei tempi normanni, difensori del proprio diritto, oppositori agli atti dei re; ma erano servi dei potenti di Spagna, per potere spadroneggiare a loro bell’agio sui vassalli e sulla plebaglia, sul rifiuto del mondo. 
Trasportatevi con l’immaginazione nella Palermo degli Spagnuoli; camminate per quelle strade squallide, silenziose, dove di quando in quando non incontrate altro che accattoni cenciosi da muovervi a schifo, o cadaveri di gente affamata, che vi faranno abbrividire. Le porte delle case chiuse, le botteghe deserte e molte di esse segnate con una croce; chi sa quante vittime furono colà mietute dalla peste! Mettete a canto ciò i nobili adulatori, pieni di gemme e d’oro, che con un solo bottone del giustacuore potrebbero sfamare centinaia di infelici, e che invece dànno feste, dànno divertimenti, nei quali il popolo non fruisce che della sola vista delle magnificenze proprie dei tempi spagnuoli. Eppure se qualcuno osava di alzar la voce e reclamare i diritti del popolo, non i tiranni, ma la stessa nobiltà gli scagliava addosso l’orde degli sgherri del Sant’Offizio, o gli alguazili, o i micheletti, sprezzatori dell’odio che animava il volto di coloro; che, forse, avrebbero fatto ritornare i tempi del 1282. Ecco qual era il governo di Spagna in Sicilia, governo che le lapidi del tempo chiamano felice!...
A poco a poco le nubi s’erano distese sul cielo, e l’aere s’era fatta buia. Un uomo erasi fermato silenziosamente nel vasto piano che è d’innanzi al Palazzo reale, al quale di tratto in tratto volgeva lo sguardo con un lampo indefinibile d’odio...


Luigi Natoli: Giulio Federici. Un episodio di Palermo nel secolo XVII.
Racconto storico. 
L'opera è la fedele trascrizione del racconto originale pubblicato a Palermo nel 1877 dallo Stabilimento Tipografico diretto da P. Pensante. La prima opera dell'autore, incontrata per un fortunato caso.
Pagine 114 - Prezzo di copertina € 15,00
Copertina di Niccolò Pizzorno. 
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (sconto 15% - consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
https://www.ibuonicuginieditori.it/shop-online?ecmAdv=true&page=1&search=giulio%2520federici
Su tutti gli store di vendita online. 
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), Libreria Macaione (Via M.se Villabianca 102). 

Nessun commento:

Posta un commento