martedì 29 ottobre 2024

Luigi Natoli: Tutti i romanzi pubblicati da I Buoni Cugini editori.

Le opere, sono elencate in base alla data di pubblicazione dell'autore:

1907 - Calvello il bastardo - grande romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo di fine Settecento, pubblicato a puntate in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1907 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1913 riveduto e corretto dall'autore. Quest'ultima è l'edizione pubblicata da I Buoni Cugini editori

 

1908 - I Cavalieri della Stella - romanzo storico siciliano, ambientato nella tormentata Messina del 1672, pubblicato a puntate in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1908. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1909 - I Beati Paoli - grande romanzo storico siciliano, pubblicato a puntate in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1909/1910 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1931. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1910 - Il Paggio della regina Bianca - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1401, pubblicato a puntate in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1910 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1921. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1911 - Il Vespro Siciliano - romanzo storico siciliano, pubblicato a puntate in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1911 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1915, rifatto, aggiunto e ampliato dall'autore. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1911 - Gli ultimi saraceni - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1100 al tempo di Guglielmo I e Matteo Bonello, pubblicato unicamente in appendice al Giornale di Sicilia nel 1911/1912. Pubblicato per la prima volta in unico volume da I Buoni Cugini editori.

 

1913 - La principessa ladra - romanzo storico siciliano, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1913 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930. Pubblicato da I Buoni Cugini editori. 

 

1914 - Cagliostro e le sue avventure - romanzo storico, dove protagonista è il famoso taumaturgo palermitano Giuseppe Balsamo, in arte Conte di Cagliostro, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1914. Pubblicato da I Buoni Cugini editori. 

 

1914 - Coriolano della Floresta - seguito ai Beati Paoli, pubblicato in dispense con la casa editrice La Gutemberg. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1914 - Alla guerra! - romanzo storico ambientato nella Francia e nel Belgio del 1914, all'inizio della prima guerra mondiale, pubblicato unicamente a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1914/1915. Pubblicato per la prima volta in unico volume da I Buoni Cugini editori 

 

1920 - La dama tragica - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1530, al tempo di Marco Antonio Colonna, dove protagonista è la bellissima donna Eufrosina Corbera. Pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1920/1921 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930. Pubblicato da I Buoni Cugini editori

 

1921 - Latini e Catalani volume 1 (Mastro Bertuchello) - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1300, al tempo della sanguinosa guerra tra Latini e Catalani, dei Palizzi, dei Ventimiglia, dei Chiaramonte e del regno di Aragona. Pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1921 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1925. Pubblicato da I Buoni Cugini editori 

 

1922 - Latini e Catalani volume 2 (Il tesoro dei Ventimiglia) - romanzo storico siciliano, seguito a Mastro Bertuchello, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1922 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1925. Pubblicato da I Buoni Cugini editori 

 

1923 - Fra Diego La Matina - romanzo storico siciliano, pubblicato in appendice sul Giornale di Sicilia nel 1923 e con la casa Editrice La Gutemberg nel 1924. Pubblicato da I Buoni Cugini editori. 

 

1924 - Squarcialupo - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1517, dove protagonista è il patriota Giovan Luca Squarcialupo. Pubblicato unicamente a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1924. Per la prima volta in unico volume ad opera de I Buoni Cugini editori.

 

1925 - Viva l'Imperatore - romanzo storico siciliano, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1925. Pubblicato da I Buoni Cugini editori. 

 

1926 - I mille e un duelli del bel Torralba - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo di fine '700, pubblicato unicamente a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1926. Pubblicato per la prima volta in unico volume da I Buoni Cugini editori.

 

1927 - La vecchia dell'aceto - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo di fine '700. La storia di Giovanna Bonanno, l'avvelenatrice passata alla storia come La vecchia dell'aceto. Pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia da luglio a dicembre del 1927. Pubblicato da I Buoni Cugini editori 

 

1929 - L' Abate Meli - romanzo storico siciliano, dove protagonista è il poeta Giovanni Meli detto l'abate, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1929. Pubblicato da I Buoni Cugini editori in un volume che comprende: Giovanni Meli: studio critico (1883) e Musa siciliana (1922) nella parte relativa alle poesie del Meli, con traduzione in italiano a fronte a cura di Francesco Zaffuto. 

 

1930 - Braccio di Ferro avventure di un carbonaro - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1820, pubblicato con la casa Editrice La Gutemberg nel 1930. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1931 - I morti tornano... - romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo del 1837 devastata dal Cholera, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1931. Pubblicato da I Buoni Cugini editori con prefazione di Massimo Maugeri 

 

1932 - Gli Schiavi - romanzo storico siciliano, ambientato in Sicilia sotto la dominazione romana, nel 120 a.C. al tempo della seconda guerra servile. Pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1932 e con la casa Editrice Sonzogno nel 1936. Pubblicato da I Buoni Cugini editori.

 

1932 - Ferrazzano - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1700, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1932/1933. Pubblicato da I Buoni Cugini editori con prefazione di Rosario Palazzolo. 

 

1936 - Fioravante e Rizzeri - romanzo ambientato nella Palermo del 1920, dove protagonista è un "oprante" e la sua "opera dei pupi"; pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1936/1937. Pubblicato da I Buoni Cugini editori con prefazione dello stesso autore (articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia nel 1936). Il copione integrale dell'opra Fioravante e Rizzeri è pubblicato nel volume Il teatro del popolino, che raccoglie tutti gli scritti di Luigi Natoli sull'Opera dei Pupi. 

 

1938 - Il Capitan Terrore - romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1560, pubblicato a puntate in appendice al Giornale di Sicilia nel 1938. Pubblicato da I Buoni Cugini editori. 

 

Nelle biografie ufficiali di Luigi Natoli è riportato il romanzo:

 

Chi l'uccise? - Breve romanzo storico siciliano, ambientato nella Palermo del 1848, di cui al momento non abbiamo trovato traccia sul Giornale di Sicilia o presso altri editori. Pubblicato dopo la morte dello scrittore dalla casa editrice La Madonnina nel 1951. Pubblicato da I Buoni Cugini editori 


I volumi sono disponibili:

Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia).

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La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Spazio cultura libreria Macaione (Via Marchese di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60), La Nuova Bancarella (Via Cavour). 



Luigi Natoli: La sera piovosa e fosca favoriva la riunione clandestina... Tratto da: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano.


Appena uscito Pietro, don Francesco scrisse due o tre biglietti e li spedì a suoi conoscenti. Convocava la loggia. La sera piovosa e fosca favoriva la riunione clandestina. Da qualche tempo, per eludere l’esercito di spie, sguinzagliato dall’arcivescovo per ogni parte, i fratelli non si adunavano più regolarmente il venerdì; ma quando il Venerabile li invitava.
Mercè una ingegnosa organizzazione l’invito poteva precedere di qualche ora l’adunanza. Il Venerabile avvertiva con una parola convenzionale l’oratore, il segretario e il tesoriere; il segretario passava l’avviso ai due sorveglianti; questi alla loro volta correvano ad avvisare i tre o quattro maestri che avevano i gradi più alti, i quali si incaricavano di convocare gli altri maestri, a loro noti; e ognun di essi, subito, l’iniziato, compagno o apprendista che fosse, da lui introdotto. In una o due ore tutti i fratelli erano così invitati. La parola convenzionale data dal Venerabile, si mutava a ogni convocazione.
La notizia gravissima appurata rendeva urgente e necessaria un’adunanza. La Loggia era minacciata. Sebbene i gradi più alti quando si trattava di adunanze plenarie intervenissero con la maschera sul volto, e gli iniziati non li conoscessero, tuttavia il pericolo di qualche sorpresa per le loro persone non era minore. Bisognava provvedere. Stefano Pascale era stato introdotto nella Loggia da Corrado, che lo aveva creduto davvero un emissario dei repubblicani.
Prima di aprire la porta del tempio, mentre i fratelli s’adunavano a poco a poco nella sala dei passi perduti, don Francesco Paolo Di Blasi si era chiuso con le alte cariche della loggia nella sala di riflessione, in una rapida e grave conferenza. Qualche cosa era trapelata; non si sapeva propriamente di che si doveva trattare, ma si bisbigliava che v’eran gravi cose da discutere, e che un grande pericolo sovrastava alla loggia; onde nei volti, nei passi, nel sommesso interrogarsi quella preoccupazione di un ignoto, del quale ciascuno voleva penetrare il mistero.
Finalmente a tre ore di notte la porta del tempio s’aprì. La sala, tutta nera, era appena illuminata da sette lampade; gli uomini, su quel fondo nero, parevan larve fantastiche. Tutti erano mascherati; un solo non aveva maschera, e si guardava intorno meravigliato di essere il solo col viso scoperto. Era Stefano Pascale.
Tre colpi di martello diffusero per la sala un silenzio grave e profondo. Il Venerabile, con voce solenne e lugubre nel contempo, disse:
- Fratelli carissimi, la santità del tempio è stata profanata. Giuda ha visitata la casa di Salomone, e ha venduto i suoi fratelli. Il nostro segreto è violato; le nostre vite sono alla mercè della tirannide; la nostra causa, la causa dell’umanità, è stata tradita; il traditore è fra noi. Egli si è insinuato nell’anima pura di un nostro fratello; si è fatto credere pieno di entusiasmo per la buona causa; ha chiesto a voi di aprir gli occhi alla luce; ha giurato qui, sotto gli occhi vostri, l’inviolabilità del segreto... E per opera sua quel nostro fratello è proscritto, spogliato, posto a taglione; per la sua delazione il Luogotenente generale è informato dei nostri lavori, e forse in quest’ora stessa sono sguinzagliati contro di noi sgherri e caporali... E pure egli osa venire fra noi; il suo piede sacrilego oltrepassa la soglia sacra; e il suo volto simula, sotto la maschera della fraternità, il tradimento e la perfidia!...
Un mormorio sommesso, ma grave di minaccia percorse le bocche; gli sguardi scintillavano e si incrociavano sotto le maschere nere. Stefano Pascale, pallido, muto, sentiva un freddo sudore bagnargli la fronte, e le gambe tremargli; pure cercava di dominarsi, affettando un sorriso impudente di semplicità e di stupore.
Il Venerabile, dopo un istante di silenzio, riprese:
- Stefano Pascale, avvicinatevi all’ara.
Il falso emissario rabbrividì, le sue gambe si rifiutarono di muoversi; fu necessario un nuovo e più imperioso ordine, perchè egli facesse qualche passo innanzi. Senza aspettare di essere interrogato, con voce strozzata protestò:
- È falso! giuro che è falso!...
Il Venerabile si fece più cupo e più lugubre:
- Voi dichiarate falso ciò che ancora io non vi ho detto. Stefano Pascale, la vostra premura di discolparvi equivale a una confessione. Stefano Pascale, voi siete una spia dell’arcivescovo!...
- È falso!... è falso! – urlò allibito l’emissario dei librai francesi.
- Stefano Pascale, – continuò il Venerabile; – non mentite. Voi avete portato dei libri francesi al carissimo fratello nostro Corrado Calvello, duca di Falconara, esibendovi come emissario della Repubblica; e quei libri uscivano invece dall’Arcivescovato; voi avete, dopo, accusato il nostro fratello, e avete guidato i magistrati al sequestro dei libri; voi vi siete introdotto fra noi, non per essere iniziato nella via della verità, ma per venderci; voi, tre ore fa, appena ricevuto l’invito, siete andato all’Arcivescovato ad avvertire monsignor Luogotenente. Stefano Pascale, tu sei un traditore.
Un silenzio sepolcrale seguì alle parole del Venerabile. L’accusato non aveva osato ribattere; s’era visto perduto. In quel momento tre colpi furono battuti alla porta. Una voce dall’esterno gridò:
- I profani invadono il tempio!...
I due sorveglianti e il “fratello terribile” si avvicinarono alla porta e aprirono.
- La polizia! la polizia!!...
- Impadronitevi del traditore – sclamò il Venerabile, – e coprite il fuoco!...
Un tumulto di voci, un agitarsi di mani, un confondersi di persone seguirono immediatamente a quelle parole: tutti si strinsero attorno a Stefano Pascale; dei pugnali balenarono:
- Traditore! traditore!...


Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine '700. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1913. 
Pagine 880 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su Amazon Prime, Ibs, Feltrinelli e tutti gli store di vendita online 
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60). 

Luigi Natoli: Il "cristiano" portava in una tasca il rosario, nell'altra il coltello... Tratto da: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano.

Zi’ Francesco era uno di quegli uomini che nel quartiere dell’Albergaria godevano riputazione di coraggio e di valore.
Da questa specie di uomini, per degenerazione lenta e profonda nacque la mafia odierna, che è sopraffazione, ricatto e malandrinaggio. In quei tempi non si dicevano mafiosi, vocabolo nato e adottato in tempi più vicini, come assicurano gli studiosi. Si dicevano “cristiani”; cioè uomini nel vero senso della parola, uomini di fegato e di silenzio.
Il “cristiano” portava in una tasca il rosario, nell’altra il coltello; riconosceva e rispettava le classi sociali più elevate; aveva pei “galantuomini” – cioè per i patrizi – e pei “signori” – cioè per la borghesia – una vera sottomissione, negli atti e nelle parole, ma niente servile, la quale si tramutava poi in una tacita protezione che egli estendeva sulle loro persone e sui loro averi; e nessuno o ladro o malvivente osava commettere un delitto contro coloro che si sapevano protetti da qualche “cristiano”.
I maggiori, gli arcifanfani, diventavano capi del popolo nelle sommosse, esercitavano ufficio di arbitri e di pacieri tra il loro ceto, componendo questioni, risolvendo dubbi, e i loro responsi erano ascoltati e ubbiditi con un rispetto maggiore di quello che si rendeva ai precetti della religione e della legge.
Zi’ Francesco era uno di questi “cristiani” maggiori; e nell’Albergheria godeva di una grande autorità. Egli poteva lasciar andare le sue donne, dovunque; poteva lasciare aperta la sua casa, era sicuro che nessuno avrebbe osato commettere non diciamo una violenza, ma anche la più lieve scortesia. Una taverna all’angolo della discesa del Banditore era il suo ufficio, il suo confessionile, il suo tribunale. La sera, dopo il lavoro, vi si recava; sedeva a una tavola, e riceveva i suoi amici; ascoltava la cronaca del quartiere, le lagnanze di questo o di quello; dava giudizi. Qualche volta, in una stanza appartata, due uomini, armati di coltello di uguale misura, “la paranza”, dinanzi a testimoni e allo zi’ Francesco, si battevano per definire una questione che non si era potuta risolvere amichevolmente. Spesso, nel cuor della notte, approfittando dell’oscurità, un cadavere o un moribondo era depositato dietro i gradini di una chiesa, o in un canto di strada, lontano; e il mistero avvolgeva il delitto.
L’Albergaria era il quartiere che accoglieva gli uomini più maneschi e più rissosi; espertissimi nella scherma di coltello, nella quale si esercitavano secondo le norme di una vera e propria arte; e ubbidientissimi a un certo lor codice di cavalleria, che non compativa la prepotenza sopra i deboli e gli inermi, il delitto a tradimento o a sorpresa, lo spionaggio, l’intromissione della giustizia. Uomini nei quali il sentimento dell’onore e del valore individuale era certo esagerato e anche in parte fuorviato da pregiudizi sociali; ma nei quali era pure in fondo una grande dirittura, e una generosità a volte anche magnanima. Fra loro si professavano scambievolmente un grande rispetto. Non riconoscevan gradi, nè conferivano comandi; ma sentivano una ammirazione più rispettosa verso coloro che più si erano segnalati per atti di valore e per grandezza d’animo, e mostravan verso di loro una sottomissione, che non aveva però nulla di servile o di viltà. Era il tacito omaggio professato dalla forza all’eroismo; così come noi lo professiamo verso i grandi poeti e i grandi artisti, e in generale verso i geni.


Luigi Natoli: Calvello il bastardo. Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di fine '700. 
L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1913. 
Pagine 880 - Prezzo di copertina € 25,00
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su Amazon Prime, Ibs, Feltrinelli e tutti gli store di vendita online 
In libreria presso:
La Feltrinelli libri e musica (Via Cavour e punto vendita Centro Commerciale Conca d'Oro), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), Libreria Nike (Via M.se Ugo 56), Libreria Macaione (Via M.se di Villabianca 102), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60). 

giovedì 17 ottobre 2024

Luigi Natoli: Il castello aveva nome S. Nicola e nel 1748 vi abitava don Antonio di Casalgiordano... Tratto da: Coriolano della Floresta. Seguito a I Beati Paoli.

 
Egli seppe più tardi la storia di sua madre. Si chiamava Virginia.
Quando era una fanciulla di diciotto anni, abitava in un grazioso castello, su la riva del mare poco oltre il feudo di Milicia. A le spalle del castello si alzava a balzi la montagna; ai lati poche catapecchie di pescatori, e poi di qua e di là le rive incantevoli dell’ampio golfo di Termini, ora sabbiose, ora irte di rupi. 
Il castello aveva nome di S. Nicola. 
Terre non ne aveva fuor che un piccolo bosco fra le balze, possedeva però un tratto di mare, dove, alla stagione adatta, si faceva la mattanza dei tonni. 
Il castello era formato di una cortina quadrata; difesa da qualche opera interna agli angoli, e di un’alta torre cilindrica, merlata; che dominava la campagna e la marina. 
Gli appartamenti non erano vasti.
Fuori del castello v’era una cappelletta dedicata a S. Nicola, donde forse aveva preso nome.
Il castello apparteneva allora ai principi di Cattolica, che l’avevano ereditato dai Crispo: ma nel 1748, per concessione del principe, vi abitava un nobile cavaliere, don Antonio di Casalgiordano, con la sua unica figlia, Virginia.
Era un uomo taciturno e severo, ma aveva una adorazione per la figlia: adorazione tuttavia, che non lasciava trasparire dall’aspetto. 
Virginia non aveva conosciuto sua madre, della sua infanzia non ricordava nulla. Ancora bambina era stata posta in un monastero a Messina; a sedici anni il padre che ella vedeva in parlatorio tutte le domeniche, l’aveva ritirata e condotta in quel castello, dove essi vivevano come in un eremitaggio.
Pareva che don Antonio di Casalgiordano fosse geloso di quella sua figlia bella e modesta.
Di quando in quando però egli per gli affari del suo patrimonio si assentava due o tre giorni. Durante la sua assenza il castello era rigorosamente custodito, oltreché dai servi, da due terribili molossi, che non lasciavano avvicinare alcuno.
Era la consegna data alla servitù: per tutt’altro essa doveva ubbidire ciecamente alla fanciulla. 
Ma Virginia non faceva pesare il suo governo.
Ella era buona e umana; e aveva anche ammansato e assoggettato con la dolcezza delle sue maniere, ma con la fermezza della sua volontà, i due molossi stessi.
Un pomeriggio tempestoso, in cui il mare, livido e sconvolto, pareva volesse scalzare gli scogli, e minacciava il piccolo villaggio, don Antonio e Virginia se ne stavano affacciati a una finestra, guardando lo spaventevole e stupendo spettacolo.
Tra i flutti, non molto lungi dalla terra, una tartana si dibatteva disperatamente.
Aveva l’albero spezzato. Gli otto uomini che la montavano, aggrappati ai banchi, per non farsi portare via dai marosi, facevano sforzi perché la fragile nave non si capovolgesse. 
La furia del mare, le aveva fatto perdere la rotta, e la spingeva verso terra, ma l’equipaggio temeva di andare a picco fra le scogliere, e avrebbe almeno voluto dirizzarsi dove la spiaggia era sabbiosa.
La lotta di quegli uomini contro gli impeti del mare aveva qualcosa di grandioso nella sua tragicità. Essi non parevano atterriti dalla fierissima tempesta; forse la grandezza e l’imminenza del pericolo dava loro quella padronanza di governare la nave in una lotta disuguale.
Ma Virginia tremava; e a ogni sparire della nave sussultava e mandava un grido.
La nave infatti pareva a ogni nuova furia di cavalloni che ne fosse inghiottita; ma riappariva subito dopo sulle creste spumose, per ridiscendere e sparire un’altra volta.
Don Antonio guardava senza dar altro segno di commozione che un lieve aggrottar di sopracciglia e un serrar di mascelle. 
Ma a un tratto disse:
- Si perderanno!... Van sopra certe scogliere nascoste... Bisogna salvarli. 
Uscì dalla sala; scese giù nella corte, e si affacciò alla porta del castello; e guardò i pescatori che raccolti sulla spiaggia, muti, con gli occhi costernati, seguivano l’immane lotta fra la barca e il mare.
- Figlioli, – disse; – quella barca naufragherà... Bisogna salvare quegl’infelici!...
Nessuno rispose. Gli occhi si volgevano con dolorosa dubbiezza verso la furia dei marosi; ma nessuno osava affrontarli. 
- Quattro uomini di buona volontà che mi seguano, non li troverò dunque fra voi?
Vi fu un momento di irrisolutezza. 
Don Antonio disse:
- Andrò io solo!...
Lo seguirono tutti: don Antonio ne scelse quattro. 
Buttarono nella barca delle corde e dei remi di ricambio, e la spinsero in acqua. 
I marosi, rovesciandosi furibondi sulla sabbia, la risospingevano indietro: ma, entrati gli uomini nella barca, don Antonio al timone, gli altri quattro ai remi, e trascinata dalla risacca, giunse a guadagnare il largo.
Cominciò anche per gli audaci la lotta contro la tempesta. Pareva che il mare, adirato di quel tentativo di salvataggio, avesse rivolto la sua furia contro il piccolo legno per impedirgli di riuscire.
Don Antonio, saldo al timone, sereno e impassibile, governava quei quattro uomini, che sotto l’impero del suo sguardo, e animati dalla sicurezza del loro signore, parevano moltiplicarsi.
Dalla tartana scorsero quella barca che le onde sballottavano, e raddoppiarono alla loro volta le forze. 
Un’ondata, però, più violenta delle altre, strappò il timone. 
Essa non poté più guidarsi; e i marosi or la spingevano, ora la trascinavano via. 
Non era più possibile governarla, e la catastrofe era imminente.
Il timone travolto, trasportato, venne sul dorso delle onde fin presso la barca. Don Antonio se ne accorse. 
- Quei disgraziati, – disse, – non hanno più scampo! 
E volto ai suoi uomini, aggiunse:
- Animo! da bravi!... Ancora poche bracciate, e gitteremo la corda. 
Dalla tartana intanto gridavano al soccorso.
Virginia era rimasta nella sala, non immaginando che suo padre si sarebbe esposto a un pericolo così terribile: ma quando lo vide entrare nella barca; quando vide la barca in balìa delle onde; quando la vide scomparire quasi in un abisso, e ricomparire in vetta delle torbide spume, cominciò a gridare disperatamente e a invocare aiuto.
La servitù era accorsa al suo grido; e tutti si erano affacciati per vedere: ma nessuno ebbe il coraggio di correre, nessuno sapeva risolversi. Rimasero inchiodati alle finestre, attratti dallo spettacolo maraviglioso e agghiacciante.
Anche Virginia restò lì, con gli occhi fisi alla barca, immobilizzata dal terrore, invocando l’aiuto del cielo.
Qualche serva invocava la Vergine degli Annegati, promettendo un «viaggio» votivo e l’offerta di una torcia, se la Vergine facesse il miracolo di salvare la vita del padrone. 
La barca intanto aveva superato la distanza che la divideva dalla tartana: i suoi rematori parevano stanchi dalla lotta tremenda sostenuta. Ma don Antonio sembrava dotato d’una virtù maravigliosa.
Nel momento in cui egli si apprestava a lanciar la corda, per salvare l’equipaggio della tartana, questa, sospinta dai marosi, si allontanò e andò a infrangersi contro una scogliera che or sì or no, appariva a fior d’acqua.
Andò in pezzi, come fosse stata di vetro. 
Dalla barca si levò un urlo di dolore...



Luigi Natoli: Coriolano della Floresta. Seguito a I Beati Paoli.  
Romanzo storico siciliano ambientato nella Palermo di metà Settecento. L'opera è la fedele trascrizione del romanzo originale pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1914.
Pagine 1387 (2 vol.) Prezzo di copertina € 30,00
Copertine di Niccolò Pizzorno
Il volume è disponibile:
Dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
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