martedì 17 ottobre 2023

Luigi Natoli: La stanza segreta della taverna udì in quella sera lunghe discussioni... Tratto da: Fra Diego La Matina. Romanzo storico siciliano

I tumulti di Palermo avevano acceso il fuoco della rivolta in mezza Sicilia; erano insorte non soltanto le città demaniali, ma anche le terre baronali, spinte dalla miseria e dalla fame. In qualche baronia i villani abolite le gabelle, s’erano fortificati e difesi contro i loro signori, così gagliardamente che questi avevano dovuto rinunziare a domarli. Queste notizie giungevano esagerate e deformate in Palermo e tenevano in apprensione la nobiltà e il clero. Del Vicerè non si dice; che non sapeva a quali santi raccomandarsi; e pensava se non c’era il modo di fuggirsene nel castello o sulle galere, senza che nessuno se ne accorgesse. L’apprensione era giustificata dal contegno degli artigiani, che erano tutti armati, come in tempo di guerra; e che giravano per la città, custodivano le porte, i bastioni, il Palazzo pretorio; e non soddisfatti di avere due loro rappresentanti nel Senato, domandavano ora che anche l’ufficio di maestro di piazza, cioè di ufficiale dell’annona, fosse conferito a loro.
Ma intanto l’ordine era mantenuto: e salvo l’aver obbligato i ministri odiati ad andarsene, la nobiltà non aveva a dolersi. Se non che non poteva tollerare che gli artigiani occupassero cariche pubbliche, come fossero nobili; e sopportavano questa diminuzione dei privilegi di nascita, a denti stretti, e fingendo amicizia e soddisfazione, e anche assecondamento. E principalmente il principe di Geraci, che nei momenti più torbidi, si era sbracciato a invocare concessioni in favore della povera gente, e si era acquistata facilmente una grande popolarità.
I consoli e gli artigiani più autorevoli tenevan frequenti consigli, che insospettivano la nobiltà; la quale non sapeva di che cosa discutessero e se preparassero altre novità. Essi s’adunavano ora nella chiesa di San Nicolò lo Reale, ora in quella dei Crociferi a Porta dei Greci, dove un nobile giovane don Vincenzo Gambacorta, ebbe una volta l’audacia di entrare per scoprire quel che dicessero. Ma riconosciuto fu cacciato e minacciato. Il nobile non si arrese del tutto: poichè la sua casa spiava la chiesa, vi si stallò come in posto d’osservazione, fortificandovisi come in una rocca. Ma gli artigiani, accortisene lo costrinsero con la forza a disfare quelle fortificazioni, e a lasciarli in pace.
Questo avvenimento aumentò i sospetti della nobiltà e le preoccupazioni del Vicerè, che raccomandava prudenza ed esortava a affidarsi a Dio, che non avrebbe permesso la rovina della città.
In quei giorni mastro Giuseppe d’Alesi mandò le prime imperfette notizie del moto napoletano, che più esatte e completate da corrieri ufficiali e da gente fuggita, suscitarono un nuovo fervore di sentimenti nella città.
Sapere che un pescivendolo, Masaniello, per una quistione insorta fra i gabellieri e un fruttaiolo, aveva sollevato Napoli, obbligato gli Spagnoli a rinserrarsi nei castelli, ed era stato eletto capitano del popolo; e che il Vicerè era stato costretto a trattar con lui da pari, destava apprensioni nel governo, nella nobiltà e nel clero, che temevano l’efficacia di quell’esempio sul popolo non ancor tranquillo di Palermo; ed eccitava lo spirito agitato del popolo, e più dei cospiratori, ai quali gli avvenimenti di Napoli mostravano quanto fosse facile trionfare.
Nè le notizie giunte di poi sulla fine miseranda del tribuno napoletano tranquillizzavano i nobili e disanimavano le maestranze; giacchè la rivoluzione non si era sedata; e si diceva che i signori della più cospicua nobiltà si fossero posti dalla parte del popolo, per cacciare la mala signoria. Ma per risolversi ad agire, conveniva aspettare il ritorno dell’Alesi, che si diceva non lontano.
La stanza segreta della taverna di Sant’Antonio udì in quella sera lunghe e calde discussioni. I più avventati rimproveravano le maestranze di aver lasciato soffocare la sommossa di Nino La Pelosa, di averlo lasciato impiccare co’ suoi compagni; e invece bisognava mettersi in testa della rivolta, farla propria, e compiere prima e meglio quello che avevano compiuto a Napoli. Invece le maestranze avevano fatto la guardia al Vicerè! Ma il Cacciamila e lo Errante difendevano le maestranze, esse avevano impedito i disordini, sì: ma in fondo avevano compiuto una rivoluzione, con l’ottenere che due senatori fossero eletti dai consoli, e che a questi fossero affidati anche altri uffici. E del resto, avendo in poter loro i bastioni e le porte, si poteva dire che la città era nelle loro mani.
- Sì, – ribattevano gli altri – ma il potere è ancora del Vicerè, la signoria non è con noi, il Castello è occupato dagli spagnoli e così anche il forte del Molo nuovo.
- Noi abbiamo dalla nostra parte, il principe di Geraci, e il Castello ce lo prenderemo.
S’illudevano che quel principe, borioso della sua nobiltà, che una favola eroica faceva discendere dai re normanni, e avido nel tempo stesso di popolarità, per primeggiare sopra gli altri signori, fosse veramente partigiano del popolo; e molti occhi di sognatori si volgevano a lui come al futuro re della Sicilia indipendente...


Luigi Natoli: Fra Diego La Matina. Romanzo storico siciliano. 
Pagine 536 - Prezzo di copertina € 22,00
L'opera è la trascrizione del romanzo originale senza censure pubblicato in dispense dalla casa editrice La Gutemberg nel 1924.
Copertina di Niccolò Pizzorno
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile su tutti gli store di vendita online e in libreria a Palermo presso: La Feltrinelli libri e musica (via Cavour), La Nuova Bancarella (Via Cavour), Libreria Nike (Via Marchese Ugo 56), Libreria La Vardera (Via N. Turrisi 15), La Nuova Ipsa (Piazza Leoni 60)
Disponibile in ebook su tutti gli store online. 

Nessun commento:

Posta un commento